Il senso di invincibilità emerge spesso in contesti in cui si verificano comportamenti devianti.

La devianza è comunemente descritta come ogni atto o comportamento, anche solo verbale, di una persona o di un gruppo di persone che viola le norme di una collettività e che di conseguenza va incontro ad una qualche forma di sanzione: si tratta dunque di comportamenti che non sono consoni alle regole sociali. Tuttavia è necessario tener presente che le risposte della collettività ad uno stesso atto variano nello spazio e nel tempo: per questo motivo di parla di relatività dell’atto deviante in relazione a tre fattori:

  1. contesto storico/politico/sociale;
  2. ambito geografico;
  3. situazione.

In soggetti devianti, soliti a compiere azioni che violano la comune norma di civile convivenza è spesso comune osservare il senso di onnipotenza che annida nella loro personalità. L’onnipotenza soggettiva fa credere fermamente nella realizzazione dei propri desideri e dei propri pensieri fantastici. Alcune persone possono pensare di essere “speciali” o superiori ad altre ed esprimono in modo diverso le loro fantasie di idealizzazione di per sé irrealistica ed onnipotente. Travolti da queste emozioni e sensazioni, spesso supportati solo da un contesto di vita difficile, precario, ai limiti dell’illegalità o addirittura nell’illegalità, mettono in atto tendenze illecite assecondando la propria convinzione di avere il mondo in pugno e uscire vincitori dalla sfida contro l’autorità.

Da esperienze di lavoro pregresso presso associazioni che si occupano di carcere e detenzione riporto un episodio in cui mi viene riferito da un’utente ormai ex-detenuto, il quale mi riporta una delle sue imprese “no, ma io ero sicuro di potercela fare, avrei corso veloce, nessuno era più veloce di me e quella volta lì potevo passare da una grondaia all’altra. Bastava solo saltare in lungo! E poi.. era notte quindi non mi vedevano bene, perlopiù faceva freddo ed ero ben coperto.. solo io potevo farlo, avevo messo i soldi in una busta che però poi si è rotta ed ho perso tutti i soldi!”. Alla mia affermazione “beh nemmeno Lupin si organizza così..”, con calma e rammarico mi ha risposto “sono stato proprio sfortunato.” Poi continua: “io ero sicuro delle mie cose. Bastava che quello”- riferendosi ad un compagno di merenda- “apriva la cassa e prendeva i soldi. Invece quello non c’ha guardato nella cassa e mi ha detto che tanto lì non c’erano i soldi perchè nessuno tiene i soldi in cassa. A quel punto sono tornato indietro, ho aperto la cassa e i soldi c’erano! Li ho presi, ma intanto sono arrivati i carabinieri. Io sono scappato, ho corso veloce, mi sono tolto il giubbotto e sono salito sull’autobus, ma quelli mi avevano visto, mi sono venuti dietro, hanno fermato l’autobus e mi hanno preso.” Continua “ oh vedi che io non mi ero mica drogato prima di andare eh! Perchè dovevo essere lucido. Quei soldi mi servivano per comprare qualcosa, e poi sono finito in galera. Un’altra volta.” (Testimonianza A.F.). Emerge in tali contesti il senso di invincibilità che si scatena in conseguenza ad un imminente pericolo, esso implica una vitalità che esplode mettendo in atto una reazione, un comportamento estremo, ma come conseguenza di un evento. Questa azione dura il tempo dell’emergenza nel quale il soggetto non sente il bisogno di bere, mangiare o dormire, si sente instancabile, non avverte la fatica e non subisce la pressione della paura. Le azioni risultano essere imprevedibili e il senso di invincibilità permane. A volte, alla fine, quando l’uomo prende coscienza delle sue azioni, risulta sorpreso di se stesso. Il senso di invincibilità tende ad estinguersi quando l’evento viene risolto, ma nel caso in ciò questo non avviene, si manifesta in tutta la sua forza attraverso comportamenti patologici e disfunzionali.

Siamo in piena emergenza sanitaria, viviamo oscillando tra la paura di contrarre il virus e l’incertezza generale. E una condizione nuova, alla quale l’uomo non è preparato, condizione che porta al cambiamento delle abitudini personali provocando inevitabili conseguenze sul piano sociale, relazionale, emotivo e psicologico.
Attenzione focalizzata sulla scuola: scuola chiusa/scuola aperta, dad si, dad no. Cresce la preoccupazione delle mamme riguardo a tale argomento. Ma quali sono le conseguenze alle quali si giunge causate dalla chiusura di un tale sistema?
Alcuni sostengono che la chiusura della scuola sia condizione necessaria e sufficiente affinchè il virus non si propaghi o che si propaghi più lentamente. Altri sostengono che i contagi non si sviluppano a scuola in un numero sufficientemente elevato di casi. Atri ancora, sono concentrati sulle difficoltà che un’eventuale dad provoca sull’organizzazione della famiglia: si verificano casi in cui il bambino, a seconda della necessità viene seguito dalla mamma, dalla zia, dal papà o anche dalla babysitter durante la lezione on-line. Qualcuno sottolinea le difficoltà ad usare gli strumenti digitali, qualcun altro manifesta la difficoltà ad avere lo strumento digitale o la linea internet o anche la necessità di avere più strumenti da impiegare in momenti simultanei (chi ha più figli in dad). Tuttavia, in pochi si chiedono quali sono le dinamiche personali che si attivano in tali contesti e quali sono le ripercussioni psicologiche nei contesti sociali in un futuro non troppo lontano.
L’isolamento è sempre stato fonte di situazioni problematiche, non ha mai portato ad uno stato di benessere psicologico, e oggi, ad un anno dall’inizio della pandemia, tale condizione è destinata a peggiorare.
Sono statisticamente aumentati i casi di separazione tra conviventi, di violenza e dipendenza, è aumentato la tendenza all’abuso e all’isolamento, è aumentato l’uso/l’abuso di psicofarmaci.
La chiusura della scuola indica un sistema che non funziona, la scuola è scuola e si fa a scuola: una società priva di scuola è una società senza cultura e incapace di creare relazioni stabili, sane e durature nel tempo. La dad non può sostituire ciò che la scuola è: integrazione, scambio, relazione, speranza, sogni, risate ed emozioni, e non solo apprendimento di didattica e nozione. La dad mette crea situazioni nelle quali i bambini soffrono la condizione di vedere i propri compagni senza realmente interagire con loro; i ragazzi in fase adolescenziale usano i dispositivi tendenzialmente per la lezione, ma anche per scopi personali oltre gli orari precedentemente concordati con i genitori; i genitori con più figli devono seguire contemporaneamente più lezioni in dad su più dispositivi, inoltre capita spesso di vedere famiglie con bambini più piccoli che distraggono i fratelli grandi, i quali a loro volta vengono richiamati per porre maggiore attenzione alla didattica. Situazioni difficili per quelle famiglie che non hanno aiuti esterni e che in qualche modo si trovano a gestire tali situazioni.
Aumenta lo stress, anzi il disstress, la sofferenza psicologica di chi giorno dopo giorno deve affrontare le discussioni tra fratelli, tra genitori, tra generazioni.
Il livello di sofferenza si alza, le persone si chiudono in se stesse, emergono manifestazioni di disagio, comportamenti violenti e violenze tra chi è costretto a vivere a stretto contatto con chi non si vuole vicino. Il se’ si frammenta e la persona soffre la condizione di profondo malessere.
Emergono inoltre una serie di disturbi psicologici ancora molto sottovalutati: accanto all’ansia, agli attacchi di panico e alla depressione, si presentano disturbi alimentari, disturbi psico-somatici e ritiro sociale. Quest’ultimo innesca una serie di meccanismi che potrebbero portare al completo e totale isolamento della persona deteriorando tutte le funzioni psichiche e invalidando la vita della persona stessa.
E’ una condizione assolutamente necessaria per la sopravvivenza dell’uomo quella di chiudere le scuole? Non è proprio possibile trovare una soluzione alternativa che tenda a connettere diversi livelli di condizioni? Le persone si sentono sole, spesso lo sono, ma di sicuro lo diventano se private degli spazi vitali.