Il 14 Dicembre 2021 – per decreto legge – si approvava la proroga dello stato di emergenza nazionale fino al 31 Marzo 2022. Orta che cosa ci dovremmo aspettare a fine mese?

UN PO’ DI NOTIZIE SULLO STATO DI EMERGENZA –Al verificarsi degli eventi che, a seguito  di  una  valutazione speditiva svolta dal Dipartimento della protezione civile sulla  base dei dati e delle  informazioni  disponibili  e  in  raccordo  con  le Regioni e Province autonome interessate, presentano  i  requisiti  di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c), ovvero nella loro imminenza, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente  del  Consiglio dei ministri, formulata  anche  su  richiesta  del  Presidente  della Regione o  Provincia  autonoma  interessata  e  comunque  acquisitane l’intesa,  delibera  lo  stato  d’emergenza  di  rilievo   nazionale, fissandone la durata e determinandone l’estensione  territoriale  con riferimento alla natura e alla  qualità degli  eventi  e  autorizza l’emanazione delle ordinanze di protezione civile di cui all’articolo 25. La delibera individua, secondo criteri  omogenei  definiti  nella direttiva di  cui  al  comma  7,  le prime  risorse  finanziarie  da destinare all’avvio delle attività di  soccorso  e  assistenza  alla popolazione e degli interventi più urgenti…” 

Non può superare i 12 mesi e non può essere prorogato per ulteriori 12!

A COSA E’ SERVITO LO STATO DI EMERGENZA? – Ha fornito poteri “straordinari e snelli” al governo per istituire le misure quali:

  • Zone differenziate (Rossa, gialla, bianca);
  • Distanziamento sociale;
  • Obbligo mascherine.

Salvo l’approvazione di un nuovo decreto legge che cambi le carte in tavola, il 31 Marzo 2022 – almeno dal punto di vista dell’ordinamento giuridico – si dovrebbe ritornare alla normalità!

Il telescopio James Webb, il più grande e potente telescopio spaziale al mondo, lascia la Terra per la sua missione mirata a fare luce sulle prime stelle dell’universo e perlustrare il cosmo alla ricerca di tracce di vita. Frutto di una collaborazione fra la Nasa, l’agenzia spaziale europea Esa e quella canadese, e’ stato lanciato alle 13.20 ora italiana dalla Guyana francese, in Sudamerica, a bordo di un razzo Ariane.

Questo straordinario capolavoro di ingegneria, tecnologia e scienza sarà in grado di osservare lo spazio come mai abbiamo fatto prima d’oggi, per la sua posizione e per la strumentazione di cui dispone. Risponderà a molte delle grandi domande che l’uomo si pone da secoli, permettendo nuovi studi e progetti di ricerca all’avanguardia finora solo auspicati

Il James Webb con il suo specchio di 6,5 metri di diametro sarà in grado di raccogliere molta luce, anche quella più debole e proveniente dall’Universo primordiale. È infatti uno degli obiettivi scientifici del telescopio quello di vedere la formazione delle prime stelle, galassie e buchi neri. Questo sarà possibile perché la luce viaggia a velocità finita, perciò guardando molto in là nello spazio vediamo i corpi celesti come erano al momento dell’emissione della luce che raccogliamo, non come sono ora. Ma il Webb riuscirà a osservare esattamente il Big Bang, ovvero ciò con cui l’Universo è cominciato?

Secondo la teoria cosmologica oggi più accreditata, il cosmo come lo conosciamo sarebbe nato dall’esplosione iniziale di una singolarità, una regione molto densa e limitata di spazio. In essa era concentrata tutta la massa iniziale, che poi sarebbe andata a costituire l’Universo stesso, sotto forma di energia a una temperatura molto elevata. Nessuna radiazione quindi, solo un grumo denso di energia. In un istante iniziale t=0 questa singolarità è “esplosa” e si è quindi espansa in tutte le direzioni, dando origine all’Universo. Questo, secondo i dati forniti dal Planck Surveyor dell’ESA, sarebbe accaduto 13,7 miliardi di anni fa.

Nei primi istanti dopo questo “grande scoppio”, il Big Bang appunto, si è svolta la gran parte dell’evoluzione dell’Universo. La densità è diminuita, la temperatura anche, e questo raffreddamento ha consentito la formazione della materia primordiale. Le prime stelle si sono accese 400 milioni di anni dopo per effetto dell’attrazione gravitazionale della materia. L’Universo era quindi uscito dalla sua era buia (in inglese Dark Age).

Quindi il Webb non potrà osservare il grande scoppio con cui il cosmo è nato. Potrà dirci molto sui primissimi oggetti che sono cresciuti dal materiale del Big Bang, e che potrebbero essere molto diversi da quelli che vediamo oggi. C’è anche la possibilità che siano cresciuti rapidamente e si siano distrutti, così che non se ne troverebbero più le tracce nel materiale recente. Tuttavia i primi milioni di anni di vita dell’Universo sono stati completamente bui. Quindi non c’è nessuna luce da catturare, e il Webb non avrà nulla da osservare nella Dark Age che ha preceduto la formazione delle prime stelle. Questo se la teoria del Big Bang, a oggi la più accreditata, è vera per come noi la conosciamo

Secondo l’Istat, il 2021 ha segnato un nuovo record di minimo storico dall’Unità d’Italia ad oggi, in anni di continuo calo delle nascite.

DATI DRAMMATICI – Sono parecchio allarmanti i dati diffusi dall’Istat nel suo report sulla dinamica demografica del 2021, secondo cui in Italia nel 2021 sono nati meno di 400 mila bambini, numero in continuo decrescere col trascorrere degli anni. Se a questo si aggiunge l’elevatissimo numero di morti nello stesso anno, e cioè 709 mila, il Saldo naturale (la differenza tra le morti e le nascite nel corso dell’anno) è il più negativo di sempre.

CAUSE – Le motivazioni di questa preoccupante accelerazione del fenomeno della denatalità in Italia sono diverse, aggiuntisi nel corso degli anni, ma sicuramente aggravate dagli ultimi 2 anni di pandemia. E una di queste è senza dubbio rappresentata dai mancati concepimenti avvenuti appunto nel corso della pandemia Covid, “giustificati” dall’incertezza in cui tutto il mondo è piombato in questi ultimi due anni. Incertezza che però, per le fasce di popolazione più giovane – quella che fa figli – c’erano già prima. Non è infatti da trascurare, in particolare nelle nuove generazioni, l’impatto degli orientamenti culturali, sugli stili di vita e delle scelte di formare una famiglia. A questo si può aggiungere inoltre una riduzione delle donne fertili, tra i 15 e i 45 anni, e il contributo offerto dalle famiglie di immigrati, anch’esso in discesa. Nel corso dell’ultimo decennio, l’insieme di tutti questi fattori negativi ha subito una forte accelerazione, sicuramente anche per le conseguenze delle due crisi economiche e occupazionali sui redditi delle persone e delle famiglie. 

CONSEGUENZE E SPERANZE – Già ampiamente in corso le conseguenze: notevole riduzione della popolazione in età di lavoro, con implicazioni per sostenibilità economica e sociale della spesa pubblica e della distribuzione del reddito, non difficili da immaginare. Siamo sulla soglia di una rottura irreversibile degli equilibri demografici, che rischia di precludere ogni aspirazione di ripresa economica.

Dati incoraggianti però arrivano dai dati sui matrimoni, che nel 2021 sono stati praticamente il doppio rispetto al 2020. Questo, considerato anche tutti quelli che hanno rimandato le nozze nel 2020, causa restrizioni pandemia, e che in un paese come l’Italia, dove oltre i due terzi dei nati sono all’interno del matrimonio, potrebbe portare uno spiraglio di luce, facendo sperare in una ripresa delle nascite.

Feet of a newborn baby in the hand of mom. Happy family concept.

All’uscita dal carcere di Mansoura avrebbe detto “Tutto bene, forza Bologna”. Sono chiarissime ed inequivocabili le sue dichiarazioni d’amore alla città di Bologna e all’Italia da parte di Patrick Zaki.

Ieri si è tenuta la terza udienza del processo ed è stato – finalmente -. disposto il rilascio anche se dovrà ripresentarsi a febbraio 2022 di nuovo davanti al giudice.

“Le immagini degli abbracci e dei sorrisi tra la sorella, gli amici e Patrick sono emozionanti e bellissime: Patrick è tornato in libertà, per il momento provvisoriamente. Speriamo che all’udienza del primo febbraio questa libertà provvisoria diventi definitiva e che possa tornare alla vita che aveva prima dell’arresto, quel 7 febbraio 2020: quells di una persona libera, di un ricercatore, di uno studente, di un ragazzo che ama la vita”. Ha detto all’agenzia Dire il portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury, commentando il rilascio dello studente egiziano dell’università di Bologna.

Proprio dall’Università di Bologna non tardano ad arrivare le prime dichiarazioni raccolte dal bologna today:

“Nella mattina di ieri, quando i giudici del tribunale speciale di Mansoura hanno disposto il rilascio di Patrick, siamo stati colti da un sentimento di sollievo e di gioia che ha contagiato tutta la nostra comunità. La voce è corsa di aula in aula, di studio in studio, e tutti siamo stati emozionati e commossi”, afferma il Rettore dell’Università di Bologna Giovanni Molari

“La fine di questa terribile vicenda è ora una speranza resa ancora più concreta dalla sua scarcerazione: le immagini che giungono dall’Egitto ci colmano di felicità. Il nostro ateneo ha lottato fin dal primo giorno, fin da quel lontano 7 febbraio 2020, perché i diritti di Patrick fossero rispettati e per ribadire il nostro sostegno ai diritti fondamentali della persona, alla libertà di parola e di insegnamento, e al valore ineguagliabile del pensiero critico.

Oggi è quindi una giornata di festa, anche se non bisogna abbassare la guardia fino al completo proscioglimento dalle accuse. Speriamo che Patrick possa mettersi alle spalle questi due anni dolorosi e possa tornare presto ai suoi studi qui a Bologna, nella sua università. Il suo posto è qui, nella nostra comunità, assieme ai suoi compagni e ai docenti che non vedono l’ora di riabbracciarlo”.

Per il delegato per gli studenti Federico Condello, “se ieri è stata una giornata di gioia grande, sì, ma cauta e ancora incredula, oggi possiamo gioire più apertamente. Sappiamo che questo non è il traguardo, ma solo un passo verso il traguardo. Però ci conforta immensamente il pensiero dell’abbraccio che ha riunito Patrick ai suoi cari. È un abbraccio così grande che ci sarà un posto, ne siamo convinti, per tutti coloro che in questi interminabili mesi hanno invocato la libertà di Patrick nelle piazze, nelle strade, sui media. Un ringraziamento profondo a tutte le istituzioni, a tutte le associazioni – Amnesty in testa – e a tutti gli artisti che sono stati al fianco dell’Alma Mater in questa battaglia di giustizia”. 

Covid: L’Organizzazione mondiale della sanita’ assegna il nome della lettera greca Omicron alla nuova variante individuata in Sudafrica, finora indicata come B.1.1.529. La definisce ‘preoccupante’.

La variante Omicron è più contagiosa?

Tra gli aspetti da chiarire c’è proprio la trasmissibilità: non è ancora chiaro infatti se la variante Omicron si diffonda più facilmente da persona a persona rispetto alle altre varianti, inclusa Delta.

Dati preliminari dal Sud Africa – dove la variante è stata individuata – suggeriscono che Omicron potrebbe avere una maggior capacità di propagazione da un individuo all’altro e un sostanziale vantaggio di crescita rispetto alla variante Delta.

Un altro aspetto da chiarire è se la variante Omicron sia responsabile di forme più severe di COVID-19, ma al momento i sintomi sembrano essere gli stessi di quelli delle altre varianti. Al momento, i casi di variante Omicron confermati sono 352, segnalati da 27 paesi. Tutti i casi per i quali disponiamo informazioni sulla gravità sono di pazienti asintomatici o con sintomi lievi e non sono stati segnalati casi gravi e decessi.

Un ulteriore elemento importante su cui si sta concentrando la ricerca, riguarda la maggior possibilità che un individuo guarito da COVID-19 possa infettarsi nuovamente con la variante Omicron. Anche in questo caso, sono necessari ulteriori studi per comprendere se e come Omicron eluda l’immunità derivata dal vaccino o dall’aver avuto COVID-19.

COVID-19: i sintomi da non sottovalutare

sintomi di COVID-19 variano a seconda della gravità della malattia: alcune persone sono asintomatiche (ma comunque contagiose), mentre altre possono manifestare sintomi come febbre, tosse, raffreddore, mal di gola, debolezza e dolore muscolare. I casi più seri presentano polmonite, difficoltà respiratorie e altre complicazioni.

Come sappiamo, anche perdita improvvisa dell’olfatto (anosmia) o diminuzione dell’olfatto (iposmia), perdita del gusto (ageusia) o alterazione del gusto (disgeusia) sono stati riconosciuti come sintomi di COVID-19. Sono sintomi meno specifici mal di testa, brividi, mialgia, vomito e/o diarrea.

In questa fase della pandemia, in cui moltissime persone sono vaccinate, è comunque importante non sottovalutare alcun sintomo – anche in forma lieve – riconducibile a COVID-19. In caso di infezione, infatti, i vaccinati sviluppano forme leggere di malattia (ed è quanto si è osservato finora anche con la variante Omicron) con sintomi lievi e spesso facilmente confondibili con i disturbi stagionali (raffreddore, tosse, mal di gola).

È bene ricordare che i vaccini hanno un’altissima efficacia in termini di riduzione del rischio di infezione, ma non possono azzerarlo perché le variabili in gioco sono molteplici (dall’efficacia del vaccino in sé alle proprie condizioni di salute, dalle precauzioni che si adottano ai contesti che si frequentano). Si conferma invece la loro importanza nel prevenire la malattia grave e la morte.

I vaccini sono efficaci contro la variante Omicron?

Tutti i vaccini disponibili offrono una protezione significativa contro le forme gravi di COVID-19 e ridurre la circolazione del virus consente anche di limitare la probabilità che muti e produca varianti preoccupanti, come Delta e Omicron.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità sta comunque studiando il potenziale impatto di Omicron sulle misure di contenimento della pandemia, inclusi i vaccini.

Variante Omicron: vaccino, mascherine e distanziamento per proteggersi

Le misure più efficaci di protezione restano quelle note:

  • Vaccinarsi (iniziando/completando il ciclo vaccinale primario) ed effettuare la dose di richiamo quando è il proprio turno.
  • Indossare la mascherina coprendo naso e bocca nei luoghi chiusi e all’aperto in caso di affollamento e nel rispetto delle regole vigenti.
  • Lavare bene e spesso le mani o igienizzarle.
  • Mantenere la distanza di almeno un metro dalle altre persone.
  • Far circolare l’aria nei luoghi chiusi.

Il 25 Novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, fenomeno purtroppo ancora troppo diffuso, anche nel nostro paese.

PERCHE’ E’ STATA ISTITUITA – Il 17 dicembre del 1999 l’assemblea generale dell’ONU ha deciso di dar vita a questa giornata di celebrazione, al fine di creare maggiore consapevolezza in chi la violenza la subisce, ma anche in chi la esercita. Per far sì che certe azioni distruttive, attuate nei confronti di donne e ragazze, non rimangano più impunite e affinché le stesse non vengano stigmatizzate per il fatto di aver avuto il coraggio di denunciare.

Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite, la violenza sulle donne è tra le più diffuse e persistenti violazione dei diritti umani. Sono davvero tanti gli esempi che si possono utilizzare per far comprendere meglio a cosa realmente ci si riferisca quando si parla di violenza sulle donne; si passa dalle azioni con conseguenze visibili, come essere percosse, ma anche ricevere uno schiaffo o una spinta, essere costretta ad avere un rapporto sessuale contro la propria volontà, a quelle invisibili ma non meno gravi, come essere attaccata o minacciata verbalmente, venire controllata costantemente e in modo soffocante dal partner, vedersi negato l’accesso alle risorse economiche dal marito o dal compagno. Negli ultimi anni poi, a quello comunemente chiamato Stalking, si è anche aggiunta la sua versione “cyber”, e il revenge porn, portatori di violenza psicologica offline e online.

DATI E STATISTICHE – Nonostante è da almeno vent’anni che sono stati definiti i diritti delle donne, nella Seconda conferenza mondiale sui diritti umani, tenuta dall’ONU, e si sia attuata una stratificata opera di modernizzazione della legislazione, culminata concretamente nel 2013 con la Convenzione di Istambul  e l’emanazione della cosiddetta legge sul femminicidio, mentre la legge va in una direzione, i dati statistici vanno purtroppo in quella opposta.

Secondo la polizia di Stato, promotrice della Campagna Nazionale “Questo non è amore“, nonostante un calo deireati spia che possono precedere i femminicidi, il numero delle donne uccise è ancora sempre troppo alto;  sono 89 al giorno, infatti, le donne vittime di reati di genere che si contano in Italia, e nel 62% di casi si tratta di maltrattamenti in famiglia. Sempre secondo la polizia è il contesto familiare quello in cui la maggior parte delle volte la donna soccombe in modo definitivo alla discriminazione nei confronti del suo genere.

Stop violence against women

DIRE NO TUTTI I GIORNI E DENUNCIARE – Il primo ostacolo da superare per le vittime, è senza dubbio trovare la forza per denunciare, che non è poi così facile. Per fortuna, comunque, oggi gli strumenti a disposizione sono diversi.  

Oltre alle forze dell’ordine, chiamando il Numero di Emergenza Unico Europeo “112” e/o 113” attivo 24 ore su 24 e per 365 giorni all’anno,  ci si può rivolgere al Telefono Rosa al numero 1522, anch’esso attivo tutti i giorni 24 ore su 24, a cui rispondono le esperte volontarie dell’associazione, punto di riferimento per le donne che subiscono violenza. E poi ci sono i Centri Antiviolenza e le Case Rifugio, a cui le donne in pericolo possono rivolgersi direttamente.

Il numero dieci della Juventus compie gli anni, mentre è impegnato con l’Argentina. Il rinnovo con il Club e le perplessità sulla maturità calcistica le due questioni da risolvere. Nel frattempo, tanti auguri Paulo!

RINNOVO E LEADERSHIP – Non sarebbe stato affatto male festeggiare la ricorrenza genetliaca con la firma sul prolungamento del contratto ma la ragione ufficiale degli impegni oltreoceano con l’Argentina ha impedito al calciatore di porre fine ad una telenovela iniziata mesi fa e che dovrebbe essere giunta ai titoli di coda. A voler pensar male, le gare con la Nazionale hanno fornito l’ennesimo pretesto per far slittare di qualche settimana l’appuntamento con la firma. E a frequenti rinvii abbiamo assistito finora, con tanti rumors e poco campo. Ma la Juventus ha puntato forte su Paulo Dybala e questo basta a scacciare dalla mente i cattivi pensieri: il numero dieci resterà a Torino per i prossimi cinque anni, come da tempo filtra dagli ambienti bianconeri. Il rinnovo sancirà l’all-in della società su un calciatore nel pieno della sua maturazione. Sarà però matura anche la sua leadership in campo? Stando alle ultime indicazioni del campo, la gara con lo Zenit sembrerebbe fornire risposta positiva al quesito. Dybala trascinò i suoi nel successo sui russi con una personalità tale da segnare un solco profondo tra lui e gli altri uomini della rosa. Una doppietta più tante giocate da fuoriclasse in una partita che lo vide assoluto mattatore. E qui, tornano i cattivi pensieri. Quante volte abbiamo potuto ammirare l’argentino nelle vesti di leader in stagione? Poche, per la verità. Con l’apice toccato nella già citata serata europea. Ci pensa Massimiliano Allegri a fugare i dubbi, rilanciando a pieno carico sull’impiego della Joya: ogni qual volta Dybala è stato a disposizione del tecnico, quest’ultimo lo ha schierato dal primo minuto o a gara in corso per complessive 11 presenze stagionali nelle quali sono arrivate anche 6 reti. L’attaccante della Juventus è anche tornato titolare in Nazionale dopo due anni nel match vinto 1-0 contro l’Uruguay. Di Dybala  l’assist per il gol di Di Maria. E puntuale, è occorso un nuovo infortunio che ha costretto l’attaccante ad abbandonare il campo all’intervallo a causa di un fastidio muscolare al soleo della gamba sinistra. La prestazione dello juventino non è stata esaltante. Unanimi le bocciature da parte della stampa argentina, sottolineando l’ennesima occasione sprecata dal giocatore con la Nazionale.

COME MICHEL? – Il ruolo da trascinatore che in Nazionale, vuoi anche per una concorrenza fin troppo proibitiva che risponde al nome di Leo Messi, non può ricoprire, alla Juventus diventa più praticabile per tanti motivi. Il primo è un generale apprezzamento delle doti della Joya in un ambiente che lo ha sempre coccolato e che mai gli ha fatto mancare il proprio appoggio. Quella di Dybala è una storia bianconera che dura da sette stagioni. A Torino hanno vissuto tutte le fasi della sua carriera finora. Da quando, giovane emergente la sua stella brillava in quel di Palermo, fino a quando partita dopo partita si guadagnava un posto da titolare nelle gerarchie di Allegri e poi di Sarri. Di contro, i numerosi problemi fisici degli ultimi anni e una certa difficoltà tattica nell’inquadrare il suo estro entro certi schemi, si sono rivelati essere un ostacolo talvolta troppo grande da superare lungo la strada della definitiva consacrazione a certi livelli. Ma la parabola dell’argentino non può e non deve però considerarsi discendente. Vent’otto anni compiuti lo collocano nel pieno della sua esperienza calcistica. I più grandi talenti della storia di questo sport hanno goduto della piena affermazione dopo aver tagliato tale traguardo. Per non muoversi troppo dalle latitudini della Mole, un certo Michel Platini alla medesima età vinse tutto: uno scudetto con classifica cannonieri, la Coppa delle Coppe e i Campionati Europei con la Francia (anche questi ultimi con tanto di titolo cannonieri). Platini era alla sua seconda annata a Torino, forse la sua migliore in carriera proprio dopo aver compiuto 28 anni. E’ l’età della responsabilità, il momento dell’ora o mai più. La svolta deve arrivare dal suo fisico e dalla sua mente. Non è più tempo di vivere di rendita. La fiducia è un sacco bucato che si non smette di svuotarsi. A Dybala il compito di alimentarlo.

Giorgia Bellini è una studentessa che vive a Perugia. La ventiquattrenne, che ha sofferto per tanti anni di bulimia nervosa, rischiando la vita, ha deciso di raccontare la sua storia in un libro.

NATA DUE VOLTE – Nel suo libro “Nata due volte” Giorgia racconta di se stessa prima, durante e dopo la malattia, ripercorrendo il suo percorso dolorosissimo, un percorso costellato di abbuffate, di sofferenze fisiche e psicologiche, e tentativi di suicidio. L’intero ricavato del libro sarà rivolto al progetto di sensibilizzazione e cura dei Disturbi Alimentari. Consapevole del dolore di quei momenti, da quando è guarita la Bellini sente che la sua missione è quella di aiutare chi si vive la sua stessa passata situazione, e infondere speranza a chi crede che non si possa guarire, ma anche ai genitori che spesso non sanno a chi rivolgersi e come aiutare il proprio figlio. Giorgia ha anche aperto un blog e una community su Instagram, seguita da più di 20 mila persone, durante il periodo del lockdown dato che la pandemia ha fatto aumentare in modo drammatico le richieste di aiuto di adolescenti affetti da disturbi alimentari; purtroppo ad oggi le liste di attesa, per chi non può rivolgersi ai centri privati, sono davvero troppo lunghe. 

Apre in via del tutto eccezionale nella giornata di oggi lo Juventus Museum. I visitatori potranno anche prenotare gli Stadium Tour e respirare l’atmosfera dell’impianto bianconero. Nei prossimi giorni sarà possibile visitare il sacrario bianconero senza però usufruire di tour dello stadio, poiché l’Allianz ospiterà i match finali della Uefa Nations League.

IL PASSATO A TINTE BIANCONERE – Ripercorrere l’evolversi delle vicende che hanno contraddistinto la storia del Club torinese è come sfogliare il proprio personale album di ricordi. Quello tirato fuori dal fondo del cassetto. Quello con le pagine ingiallite e le fotografie consumate dallo strofinio dei polpastrelli delle dita. Il museo della Juventus propone la medesima sensazione con la differenza di un filtro moderno che riesce a combaciare in un incastro perfetto sulle pieghe della memoria. Visitare lo Juventus Museum nei locali dell’Allianz Stadium significa acciuffare con una mano più di un secolo di emozioni e con l’altra sfiorare l’innovazione multimediale che rende la concezione museale stessa davvero all’avanguardia. Esperire la modernità del J-Museum permette al visitatore curioso di spazzare via la polvere, senza però intaccare i sobbalzi emotivi che il contatto con un calcio d’altri tempi può certamente generare. Nato dalla volontà del Club di celebrare la propria storia, la Juventus mette a disposizione di chi si immerge negli ambienti del museo trofei e memorabilia che, godendo a pieno di un allestimento che la componente multimediale rende ancor più efficace da un punto di vista comunicativo, possono dialogare in piena libertà con il visitatore, avvolto e coinvolto in un’atmosfera unica. Inaugurato il 16 maggio 2012 e ampliato nell’offerta l’anno successivo, il museo intende rivolgersi ad ogni tipologia di pubblico, dal tifoso bianconero all’appassionato di calcio, dal più esperto conoscitore dell’ultracentenaria storia del Club al più giovane iuventino. I Palloni d’Oro alzati dai campioni bianconeri, le maglie dei giocatori che hanno superato quota 300 presenze, le Coppe che hanno coronato i trionfi passati e più recenti, fino alla speciale sala che chiude il percorso spiegando le caratteristiche del Dna bianconero.

UNO SGUARDO IN AVANTI – La strada intrapresa dallo Juventus Museum colloca la struttura in una condizione pioneristica per quanto concerne l’Italia. La concezione di perfetta sintesi tra impostazione tradizionale e percorsi esperienziali ha avvicinato la Juventus alle ben più radicate realtà europee. Una su tutte, il FC Bayern Museum, il più grande esempio di museo di club tedesco. Anch’esso situato all’interno dello stadio di proprietà, affianca alla visita del museo quella dell’impianto sportivo. La componente multimediale si esprime in tutto il suo vigore lungo i 3000 metri quadri di allestimento. I cimeli e i prestigiosi trofei esposti godono così di nuova luce in percorsi dal forte impatto emotivo. Molto suggestiva per immediatezza comunicativa la gigantesca Hall of Fame con tutti i principali protagonisti della storia del Club: i volti di ogni era compongono la parete dei ricordi, ciascuno è un mattone fondamentale del muro della leggenda. L’esempio tedesco si completa con le aree dedicate ai più piccoli visitatori: percorsi ludici e ricreativi con la possibilità di intrattenersi nella casa della mascotte del Club, Berni. Percorsi didattici, articolati in base all’attività dei partecipanti, sono stati approntati anche per il J-Museum, nell’ottica di fornire al pubblico la più completa offerta possibile. Interessante la più recente sezione dedicata all’area J|Sport: qui trovano posto i cimeli di numerosi atleti uniti dalla passione bianconera: Stefano Baldini, Tania Cagnotto, Carolina Kostner ed altri hanno donato al museo testimonianze importanti della loro carriera. Un ulteriore passo in avanti che può essere compiuto qualora il Club riuscisse a guardare con occhio diverso la realtà del tifoso. Non è questa la sede per addentrarsi in un argomento che meriterebbe ben altri spazi. Ma riteniamo che per far entrare a pieno i sostenitori di Madama nel sacrario bianconero, un utile suggerimento giunge, ancora una volta, dalla realtà bavarese. Facciamo riferimento ad una particolare sezione dell’esposizione che raccoglie la parte più sentita del tifo, gli oggetti e le peculiarità che più di altri veicolano la devozione profonda deli supporters nei confronti del club: l’abbigliamento, i canti, i movimenti coreografati. Manca in tal senso un corrispettivo nel museo torinese. La proposta bianconera di consentire ai visitatori di poter vestire la divisa del proprio beniamino mediante la Virtual Room, non riesce a trasmettere a pieno l’immersione nella comune famiglia iuventina. Il futuro del J-Museum può regalare nuove concrete esperienze. E, se è vero che le nuove frontiere della museologia devono ormai stabilmente orientare l’ago della bilancia sul pubblico, è in tale direzione che le nuove proposte devono esplorare il terreno. Siamo sicuri che il guanto di sfida del futuro possa essere ben raccolto e rilanciato.

La Brest Cancer Campaign negli ultimi 29 anni ha deciso di intraprendere una vera e propria lotta contro questo particolare male che affligge la popolazione femminile.

CHE COSA E’ E COME E’ NATO – Simbolo mondiale della salute del seno, il Nastro Rosa nasce dall’intuizione di Evelyn H. Lauder nell’anno 1992, mentre molte donne morivano di tumore al seno senza che se ne parlasse più di tanto. Nel corso degli anni, da semplice intuizione, questo simbolo si è tramutato nella rappresentazione vera e propria di una mobilitazione mondiale con un unico comune obiettivo: un futuro libero dal tumore al seno. E’ ottobre il mese in cui la Brest Cancer Campaign, ideata sempre da Evelyn H. Lauder, sensibilizza l’opinione pubblica, su quanto la ricerca scientifica e la prevenzione siano la centralità per sconfiggere questa malattia, aumentandone in ognuno di noi conoscenza e consapevolezza. Promotrice di questa campagna, la The Estée Lauder Companies – che per il settimo anno consecutivo – in Italia, è in partnership con la Fondazione AIRC.

NUMERI – Sono ben 70 i Paesi in cui le filiali di The Estée Lauder Companies si riuniscono nel mese di ottobre; 180 milioni i Nastri Rosa distribuiti dal gruppo; 99 milioni i dollari raccolti e interamente investiti nella ricerca, nella formazione e nell’assistenza medica; 60 le organizzazioni impegnate nella lotta contro il tumore al seno, con l’impiego di circa 50.000 dipendenti in tutto il mondo. Tutto questo a fronte di 55.000 donne e 500 uomini colpiti ogni anno da questa neoplasia, diagnosticata in Italia ad una donna su otto.

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