L’Istat rende noto il Rapporto 2021 sulla competitività dei settori produttivi: solo l’11% delle imprese risulta solido; il 45% di esse è strutturalmente a rischio.

FRAGILITA’ DEL SISTEMA DI IMPRESA ITALIANO – Quando si parla di un’impresa strutturalmente a rischio, nello specifico significa che le sue fonti finanziarie non sono in grado di coprire gli impieghi, ovvero gli investimenti. Dall’analisi della situazione si evince che in Italia c’è un incapacità dell’impresa, non solo nel capire come effettuare determinati investimenti e su come farli rendere, ma anche di affacciarsi sui mercati. A differenza degli altri stati europei infatti, l’Italia ha un numero bassissimo di società quotate in borsa; i nostri imprenditori per la maggior parte non capiscono quando è il momento di entrare in borsa, staccandosi dalla dimensione di “piccola-media impresa”, per elevarsi a qualcosa di più grande. A tutto ciò si aggiunge poi il modo con la quale si stipulano i prestiti con le banche. Molto spesso nel nostro Paese si predilige i prestiti a breve termine, dando spazio alla malsana convinzione che “prima ci si libera di un debito e meglio è”, che spesso può rivelarsi molto pericolosa.

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TECNOLOGIA E DELEGAZIONE, LE CHIAVI – Secondo lo stesso studio, analizzando la tipologia dei settori in cui operano queste attività a rischio, emerge che numerose fanno parte dei settori a basso contenuto tecnologico e di conoscenza. Per un’impresa che vuole crescere, l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione sono fondamentali, ma purtroppo per paura di rischiare questo non è sempre tenuto in considerazione. Questo problema è riconducibile, oltre che all’inefficienza degli investimenti descritta sopra, anche all’incapacità nel delegare. L’imprenditore infatti dovrebbe essere il proprietario dell’impresa e non il padrone, e il suo ruolo dovrebbe essere quello di selezionare gli organi direttivi e il personale più idoneo a far crescere l’azienda, con la sua supervisione, valutandone i risultati e intervenendo direttamente soltanto nelle situazioni di crisi. Se si seleziona un buon personale in partenza, capace sia di investire sia di innovare, tre quarti del lavoro dell’imprenditore è svolto.