La gara di ieri certifica una costante dell’annata bianconera. La Juventus ha un grande potenziale nei piedi, nella testa e nel sacrificio di tanti giovani talentuosi, ma, proprio come un giovane studente, non riesce a mantenere alta la soglia dell’attenzione. Sono le due facce complementari della medaglia bianconera dell’attuale stagione.

RECTO – Più che un diritto della medaglia, il primo tempo di Juve-Genoa ne presenta almeno due, Kulusevski e Morata. Stupisce, ma dopo la partita con il Napoli fino a un certo punto, l’atteggiamento della squadra di Pirlo che nei primi 45 minuti scende in campo per fare la partita. La consapevolezza è quella propria di chi sa che vuole prendersi i tre punti e impiegherà ogni grammo di energia fisica e mentale per riuscirci. La Juventus cerca risposte per restare in scia del Milan, vittorioso a parma il giorno prima. La prima arriva da Dejan Kulusevski, il figliuol prodigo che si fa perdonare il grave errore del derby e mostra un accenno del proprio repertorio con il gran sinistro che sblocca il match dopo 4 minuti. La rete è il preludio ad un’ottima prestazione dell’ex Parma che si impegna nella doppia fase e sembra un giocatore completamente diverso dalla spaesata comparsa delle ultime uscite. L’apporto qualitativo che lo svedese conferisce alla manovra si nota e per tutto il primo tempo l’asse Cuadrado-Kulu è una spina nel fianco della retroguardia ospite. L’altro aspetto positivo è il ritorno al gol di Alvaro Morata, che mancava all’appuntamento con la rete da oltre un mese. La conclusione vincente dello spagnolo vale il 2-0 al 22′. Quando il risultato si è fatto rassicurante, qualcosa è però andato storto. E qui entra in gioco il lato più preoccupante di una squadra bifronte.

VERSO – Chiamatela stanchezza. Chiamatela eccesso di sicurezza. Ma la parentesi piuttosto estesa che ha visto la Vecchia Signora sbandare nella ripresa è uno dei principali limiti di una squadra che sta ancora cercando la migliore maniera per esprimere il proprio potenziale. La rete di Scamacca da calcio piazzato fa sprofondare la Juventus nell’incertezza. Vecchi timori riaffiorano, i punti fermi vacillano. Il limbo del dubbio fa da scenario alle giocate dei bianconeri. La manovra perde fluidità, ogni pallone pesa. Per un attimo, nel vedere Scamacca e Pjaca arrivare con troppa facilità alla conclusione, scorrono nella mente le immagini dell’ultimo derby, con gli attaccanti granata lanciati a rete. Uno Szczesny in una delle migliori versioni di se stesso sventa le minacce. L’imprecisione dei genoani fa il resto. Ma il campanello d’allarme è suonato. Il gol del subentrato McKennie allontana solo momentaneamente gli incubi più neri. Quando stacca la spina, questa Juventus è fragile. Se non mantiene alti i ritmi, la squadra di mister Pirlo è vulnerabile. Lo conferma anche il dato dei gol subiti: almeno uno nelle ultime 6 gare. Se a quanto detto aggiungiamo poi che la stella Ronaldo non ha prodotto altro che sbuffi di rabbia, dobbiamo segnalare che finanche i più esperti vanno in bambola quando le cose si complicano. L’allenatore non pare aver trovato la cura alla patologia che il paziente Juventus si trascina dietro dall’inizio della stagione. Ma a questo punto, la spina deve essere ben collegata. La concentrazione al massimo. Il calendario non è dei più agevoli. C’è subito l’Atalanta a saggiare la tenuta mentale di Ronaldo e compagni. Poi sarà la volta del Milan e alla penultima giornata dell’Inter. Senza dimenticare la trasferta del Franchi contro una Fiorentina che all’andata mise a dura prova la determinazione e l’attenzione dei bianconeri. Meno rabbia e più testa, dunque. E l’obiettivo piazzamento Champions non verrà gettato via come fasce e magliette.