Il Liverpool allenato da Jürgen Klopp è una delle 12 squadre che vuole partecipare alla nuova Superlega che è nata ieri notte. Ora, il tecnico tedesco ha parlato della decisione da parte del club, annunciando un possibile ritiro. Il progetto non gli è piaciuto per niente, come a tutti tifosi del calcio europeo. I sostenitori del suo Liverpool, infatti, hanno deciso di protestare direttamente davanti allo stadio del Leeds United che i Reds avevano affrontato ieri. Maglie bruciate, cartelli di protesta e cori contro la dirigenza. Klopp addirittura si è dimostrato comprensivo, da una parte. D’altro canto, le reazioni, dal suo punto di vista, sono state esagerate.

“La squadra non c’entra nulla e la stessa cosa vale anche per me. Ma la gente ci tratta così. È la dirigenza che ha deciso, non noi. È una parte del club, ma questa parte è più grande di tutti noi”, ha spiegato l’allenatore 53enne dopo l’1-1 ieri sera. “C’erano tifosi che ci sgridavano per strada, quando stavamo facendo una passeggiata in città”.

Klopp ha spiegato anche che non abbia l’intenzione di ritirarsi, nonostante il fatto che le decisioni non gli piacciano: “Mi sento responsabile per la squadra e per la relazione con i nostri tifosi. Sarà un tempo molto duro”.

Il calcio ha contribuito a forgiare le personalità e gli interessi di intere generazioni per più di un secolo, fino a diventare un movimento inscindibile della cultura europea e mondiale, nonché lo sport più seguito, con una stima di 4 miliardi di tifosi in tutto il mondo. Una storia longeva che, senza contare i numerosi precursori come il calcio fiorentino, nasce a Sheffield con la fondazione del primo club professionistico nel 1857 e il calcio diviene presto il passatempo principale della working class inglese, grazie alla sua semplicità e al suo divertimento garantito. Nei tre decenni successivi, la sua diffusione a livello internazionale è inarrestabile e lo rende lo sport di massa per eccellenza. Tutta questa premessa storica è fondamentale per inquadrare l’essenza di una passione che ha coinvolto miliardi di persone in tutto il mondo e che oggi, nel 2021, rischia di morire sotto i colpi della finanza sfrenata. Il progetto, messo in piedi dai grandi club europei e ufficializzato la scorsa notte tra lo scalpore generale, consiste nella creazione di una competizione ristretta ai club fondatori (Milan, Arsenal, Atletico Madrid, Chelsea, Barcellona, Inter, Juventus, Liverpool, Manchester City, Manchester United, Real Madrid e Tottenham), con l’aggiunta di alcune squadre ammesse su invito degli stessi. Oltre alle tre italiane, sono proprio i sei maggiori club inglesi a scegliere di tradire una tradizione secolare, sviluppatasi nella loro stessa nazione, mentre Bayern Monaco, Borussia Dortmund, Psg e Porto hanno rifiutato con decisione di entrare in questo gruppo elitario. Tutto ciò verrà finanziato da Jp Morgan, come annunciato da un portavoce della banca statunitense, e saranno messi a disposizione 3,5 miliardi da dividere tra le società fondatrici “per supportare i loro pani di investimento infrastrutturale e per fronteggiare l’impatto della pandemia”.

“Sono un tifoso del Manchester United da 40 anni ma sono disgustato, in particolare dalla mia squadra e dal Liverpool. Voglio dire, il Liverpool è il club del “You’ll Never Walk Alone”, il “Fans Club” o il “The People’s Club”, e poi il Manchester United, è stato creato da gente nata e cresciuta attorno a Old Trafford più di 100 anni fa; non è accettabile che vogliano entrare in un torneo senza competizione, dal quale non puoi essere retrocesso. Dobbiamo rivedere il potere calcistico di questo paese partendo dai club che dominano e comandano la Premier League, compreso il mio club. Quello che stiamo vedendo è semplice avarizia, nient’altro. I proprietari dello United e del Liverpool, ma anche del City e del Chelsea sono degli impostori; non hanno niente a che vedere con il calcio in Inghilterra. Questo paese ha più di 150 anni di storia calcisticamente parlando, e coloro che devono essere protetti sono i tifosi di questi club che per decadi hanno tifato e supportato la loro squadra in qualsiasi situazione.”.

– Gary Neville

Fifa, Uefa e tutti gli enti nazionali si sono schierati contro questo progetto e ora si è pronti per una guerra che non porterà alcun vantaggio al movimento. Sicuramente tutto ciò deriva da scelte discutibili come l’attuazione del fair play finanziario, quando bastava forse imporre un tetto salariale e qualche altra riforma più razionale per contenere i costi, ma la direzione intrapresa da Florentino Perez e company non può essere giustificata da alcuni errori di gestione, seppur gravi, degli ultimi dieci anni: è vero che le grandi società non riescano più a garantire stipendi altisonanti ai top player e agli allenatori senza andare in perdita, ma lo scopo di questa operazione consiste nell’implementare la loro potenza economica. Non si sta parlando più di squadre di calcio, ma di multinazionali quotate in borsa che diventano indipendenti, con il solo obiettivo di aumentare i guadagni. Questa è la strada in cui si era imbattuto il calcio moderno già da tanto, ma oggi 19 aprile 2021 siamo arrivati al punto di non ritorno, in cui ne esce sconfitta anche l’ultima parvenza di competizione sportiva che era rimasta. Al momento Fifa e Uefa minacciano l’esclusione da tutti i campionati, da tutte le coppe e anche dai Mondiali ed Europei per i giocatori che militano nelle squadre in questione, e forse la linea dura è davvero l’unico modo per preservare il mondo del calcio, poiché la partecipazione di una Juventus, di un Milan e di un Inter miliardari nel campionato di Serie A significherebbe provocare un divario incolmabile con chiunque altro, e le imprese di squadre minori come l’Atalanta di Percassi, il Parma di Tanzi o il Leicester in Inghilterra non sarebbero più possibili. Si preannuncia una scissione clamorosa, ma la speranza è che qualcuna di queste squadre ritratti la sua posizione, mentre ogni ente, ogni governo e gran parte dell’opinione pubblica non ha dubbi nel disdegnare questa soluzione a favore dei soliti potenti, anche perché il concetto di sport rischia di perdere la sua identità basata da sempre sulla sana competizione. Non è solo una questione economica ma etica: si deve evitare a tutti i costi che lo sport più popolare si tramuti in mero entertainment elitario.