Dal 19 marzo al 31 luglio 2022 la Fondazione Palazzo Strozzi e i Musei del Bargello rendono omaggio a uno dei più celebri maestri del Rinascimento fiorentino e italiano che ha fatto scuola: Donatello ( Donato di Niccolò di Betto Bardi).

A lui è dedicata una mostra storica/artistica che mira a ricostruire, attraverso le sue opere, la lunga carriera di uno dei maestri più influenti e importanti dell’arte italiana e di tutti i tempi, confrontandolo con altri celebri artisti a lui contemporanei come Andrea Mantegna, Masaccio e Giovanni Bellini. Non mancano artisti come Andrea del Castagno e rifacimenti all’arte contemporanea.

La mostra

Lo straordinario viaggio all’interno dell’arte donatelliana è stato curato da Francesco Castiglioti, il quale articola la mostra in due sedi: Palazzo Strozzi e il Museo Nazionale del Bargello. All’interno di queste importanti strutture sceglie di esporre oltre 130 opere, disposte in arco tematico/cronologico: dagli esordi alla vecchiaia.

La mostra si configura come “unica e irripetibile” in quanto contiene sculture, dipinti, disegni, alcuni dei quali sono prestiti unici mai concessi prima, e provengono dai più importanti musei e istituzioni al mondo (quasi sessanta).

L’iniziativa, tra quelle di punta del 2022 a livello nazionale, vanta dei collaboratori d’eccezione come il Victoria e Albert Museum di Londra e lo Staatliche Museen di Berlino.

Palazzo Strozzi

A Palazzo Strozzi, il percorso ripercorre le tappe principali del pensiero e dell’arte di Donatello: dal marmo del David all’ Amore-Attis del Bargello, in bronzo, passando per la celeberrima Madonna Pazzi (in prestito dal Bode-Museum di Berlino). Sono esposti per la prima volta fuori dal contesto originario, il Convito di Erode e le statue Fede e Speranza dalla fonte battesimale del Battistero di Siena.

Non mancano lavori provenienti dal periodo padovano dell’artista (durato un decennio) come il Crocifisso e l’Imago Pietas (la cui posizione degli elementi sarà di ispirazione per molti artisti) provenienti dalla Basilica di Sant’Antonio da Padova. Da Napoli arriva, invece, la Testa Carafa.

E poi ancora le celebri statue dei due San Giovanni Battista: quello “giovane”, in marmo, realizzato per la casa Martelli e quello “maturo”, in bronzo, realizzata a Firenze, in seguito portata dallo stesso Donatello a Siena, dove ora è collocata nel Duomo, all’interno di una cappella a lui dedicata.

Appositamente restaurate per la mostra sono le straordinarie porte bronzee della Sagrestia Vecchia di San Lorenzo a Firenze.

All’interno delle sale, si dispiega il genio del “maestro dei maestri”, un rivoluzionario che, attraverso la sperimentazione dei materiali, nelle tecniche e nei generi si pone come uno degli iniziatori della grande stagione del Rinascimento.

Bargello

Al Museo Nazionale del Bargello la mostra continua con il San Giorgio e il David di bronzo (esposti in maniera permanente) ed, eccezionalmente, la Madonna delle Nuvole, in prestito dal Museum of Fine Arts di Boston. Grande ospite è anche la Madonna Dudley, direttamente dal Victoria ad Albert Museum di Londra.

Per completare il percorso, si consiglia una visita (meritata) a Palazzo Vecchio, dove è esposta Giuditta e Oloferne, una delle grandi opere realizzate da Donatello per casa Medici.

OLTRE 100.000 DI VISITATORI

La mostra, dalla sua apertura del 19 marzo, ha registrato un record di oltre 100.000 di visitatori di tutte le età: si riscontra un buon numero di visite di fascia d’età giovanile, complice il bonus cultura di 500 euro per i diciottenni. Inoltre, al successo, sta contribuendo enormemente, spiega una nota della Fondazione di Palazzo Strozzi, il coinvolgimento social attraverso l’hashtag ufficiale #donatelloilrinascimento e i vari contenuti inerenti, pubblicati sia sulle piattaforme ufficiali sia nei contenuti dei fruitori singoli.

Infine, la critica e la stampa hanno giudicato positivamente l’allestimento delle otto sale di Palazzo Strozzi e del Bargello sia dal punto di vista scientifico, sia dal punto di vista dell’allestimento.

Info

Qui di seguito il link per accedere direttamente al sito della Fondazione per scoprire i prezzi: https://www.palazzostrozzi.org/

Si ricorda che la mostra è aperta tutti giorni (festivi compresi) dalle 10.00 alle 20.00 mentre il giovedì dalle 10.00 alle 23.00. Il giovedì, oltre all’apertura serale, il biglietto ha il costo di 5 euro per i minori di trent’anni.

Ormai da più di un anno l’Italia si dimena tra aperture e chiusure, zone dal colore caldo a seconda dell’emergenza, polemiche di ogni tipo, governi che cadono e governi che nascono, senza che si riesca a vedere la tanto attesa luce al di là del tunnel. E mentre ci si impelaga in ritardi e disorganizzazioni sul fronte vaccino o ci si scandalizza per alcune scelte poco coerenti come l’apertura delle discoteche nella scorsa estate, esiste una categoria silenziosa di lavoratori che non è mai ripartita dall’inizio di questa pandemia: i lavoratori del mondo dello spettacolo. Non si parla dei grandi nomi della musica, del cinema o del teatro italiano che hanno abbastanza risparmi per sopravvivere a lungo, ma di tutti coloro che vivono dietro un palcoscenico, il muro portante di ogni spettacolo, stimato intorno ai 570 mila operatori di cui 250 mila addetti al settore dei live. Il 10 novembre Vincenzo Spera, il presidente di Assomusica, affermava in un’intervista su Open:

«La crisi è totale e i cali di fatturato si attestano in torno al 97% a fine estate. Ma con la chiusura prorogata a tutto il 2020, il calo sarà ancora più forte».

Sono passati 4 mesi dalla fine del 2020 e tutt’oggi poco è cambiato sul fronte legislativo, a parte un disegno di legge depositato in parlamento nel mese di gennaio dal senatore del Pd Francesco Verducci che si aggiungerebbe al Fus (Fondo Unico dello Spettacolo). Questa proposta si incarica di versare un reddito ai lavoratori nell’attesa di condizioni idonee per far ripartire l’industria. E per far ripartire l’industria? Nonostante i tanti scioperi di questa categoria continuino a susseguirsi, celebre l’episodio dei 500 bauli in Duomo a Milano nel novembre scorso, non c’è nessun segnale di riapertura al momento.

Le poche speranze vengono come sempre dall’estero: il 20 marzo si è tenuto il festival di Lowlands di Biddinghuizen in Olanda, a cui hanno partecipato 1500 spettatori. Tutti hanno dovuto sottoporsi a un test antigenico 48 ore prima dell’evento mentre sul posto sono stati fatti 150 tamponi a campione, con i 26 risultati positivi bloccati all’ingresso. Un esperimento analogo si è svolto al Palau di San Jordi di Barcellona, dove si è tenuto un concerto a cui hanno preso parte 5000 persone, dopo essersi sottoposte al test antigenico ed essere risultate negative. È sicuramente un punto di svolta, ma al quale bisogna dare continuità in attesa di progressi con la vaccinazione. Purtroppo però, se si analizza complessivamente la situazione in Italia, viene difficile credere che si possa dare seguito a questa svolta. I cinema, i teatri, come tutti gli altri luoghi di cultura, sono stati i primi a subire le restrizioni nella scorsa primavera, come se fossero i principali centri di contagio del virus e, durante tutti questi mesi, la ripartenza di un settore così ampio e importante non è mai stata considerata una priorità dai gestori della pandemia. Sicuramente la priorità assoluta è e deve essere la campagna vaccinale, e anche in questo campo i risultati non sono dei migliori (in conformità con l’intera Unione Europea), ma è possibile che non si prendano nemmeno in considerazione esperimenti del genere, a differenza di altri Stati per nulla covid-free? Il festival svoltosi in Olanda è divenuto attuabile grazie a una stretta collaborazione del governo olandese con gli operatori musicali in un’atmosfera colma di pragmatismo e voglia di ritornare alla normalità, mentre in Italia si ha l’ennesima dimostrazione di come la cultura venga demonizzata e considerata un bene trascurabile, non di prima necessità. Nulla di più distante dal vero. Non ci sarà mai una ripartenza della vita se l’arte non va di pari passo.

“L’arte non si può separare dalla vita. È l’espressione della più grande necessità della quale la vita è capace.”

Robert Henri