Il numero dieci della Juventus compie gli anni, mentre è impegnato con l’Argentina. Il rinnovo con il Club e le perplessità sulla maturità calcistica le due questioni da risolvere. Nel frattempo, tanti auguri Paulo!

RINNOVO E LEADERSHIP – Non sarebbe stato affatto male festeggiare la ricorrenza genetliaca con la firma sul prolungamento del contratto ma la ragione ufficiale degli impegni oltreoceano con l’Argentina ha impedito al calciatore di porre fine ad una telenovela iniziata mesi fa e che dovrebbe essere giunta ai titoli di coda. A voler pensar male, le gare con la Nazionale hanno fornito l’ennesimo pretesto per far slittare di qualche settimana l’appuntamento con la firma. E a frequenti rinvii abbiamo assistito finora, con tanti rumors e poco campo. Ma la Juventus ha puntato forte su Paulo Dybala e questo basta a scacciare dalla mente i cattivi pensieri: il numero dieci resterà a Torino per i prossimi cinque anni, come da tempo filtra dagli ambienti bianconeri. Il rinnovo sancirà l’all-in della società su un calciatore nel pieno della sua maturazione. Sarà però matura anche la sua leadership in campo? Stando alle ultime indicazioni del campo, la gara con lo Zenit sembrerebbe fornire risposta positiva al quesito. Dybala trascinò i suoi nel successo sui russi con una personalità tale da segnare un solco profondo tra lui e gli altri uomini della rosa. Una doppietta più tante giocate da fuoriclasse in una partita che lo vide assoluto mattatore. E qui, tornano i cattivi pensieri. Quante volte abbiamo potuto ammirare l’argentino nelle vesti di leader in stagione? Poche, per la verità. Con l’apice toccato nella già citata serata europea. Ci pensa Massimiliano Allegri a fugare i dubbi, rilanciando a pieno carico sull’impiego della Joya: ogni qual volta Dybala è stato a disposizione del tecnico, quest’ultimo lo ha schierato dal primo minuto o a gara in corso per complessive 11 presenze stagionali nelle quali sono arrivate anche 6 reti. L’attaccante della Juventus è anche tornato titolare in Nazionale dopo due anni nel match vinto 1-0 contro l’Uruguay. Di Dybala  l’assist per il gol di Di Maria. E puntuale, è occorso un nuovo infortunio che ha costretto l’attaccante ad abbandonare il campo all’intervallo a causa di un fastidio muscolare al soleo della gamba sinistra. La prestazione dello juventino non è stata esaltante. Unanimi le bocciature da parte della stampa argentina, sottolineando l’ennesima occasione sprecata dal giocatore con la Nazionale.

COME MICHEL? – Il ruolo da trascinatore che in Nazionale, vuoi anche per una concorrenza fin troppo proibitiva che risponde al nome di Leo Messi, non può ricoprire, alla Juventus diventa più praticabile per tanti motivi. Il primo è un generale apprezzamento delle doti della Joya in un ambiente che lo ha sempre coccolato e che mai gli ha fatto mancare il proprio appoggio. Quella di Dybala è una storia bianconera che dura da sette stagioni. A Torino hanno vissuto tutte le fasi della sua carriera finora. Da quando, giovane emergente la sua stella brillava in quel di Palermo, fino a quando partita dopo partita si guadagnava un posto da titolare nelle gerarchie di Allegri e poi di Sarri. Di contro, i numerosi problemi fisici degli ultimi anni e una certa difficoltà tattica nell’inquadrare il suo estro entro certi schemi, si sono rivelati essere un ostacolo talvolta troppo grande da superare lungo la strada della definitiva consacrazione a certi livelli. Ma la parabola dell’argentino non può e non deve però considerarsi discendente. Vent’otto anni compiuti lo collocano nel pieno della sua esperienza calcistica. I più grandi talenti della storia di questo sport hanno goduto della piena affermazione dopo aver tagliato tale traguardo. Per non muoversi troppo dalle latitudini della Mole, un certo Michel Platini alla medesima età vinse tutto: uno scudetto con classifica cannonieri, la Coppa delle Coppe e i Campionati Europei con la Francia (anche questi ultimi con tanto di titolo cannonieri). Platini era alla sua seconda annata a Torino, forse la sua migliore in carriera proprio dopo aver compiuto 28 anni. E’ l’età della responsabilità, il momento dell’ora o mai più. La svolta deve arrivare dal suo fisico e dalla sua mente. Non è più tempo di vivere di rendita. La fiducia è un sacco bucato che si non smette di svuotarsi. A Dybala il compito di alimentarlo.

Una sconfitta molto pesante per la Juventus: i bianconeri perdono in casa 3-0 contro il Milan che riconquista il terzo posto in classifica. Il rischio di non qualificarsi in Champions League c’è, e ora i problemi diventano seri.

Non si vede un match eccitante nei primi 20 minuti, dato che entrambe le squadre sapevano che qualsiasi rischio potrebbe rivelarsi letale. Da parte della Juve solamente De Ligt (4′) e Chiellini (29′) creano delle occasioni, senza mettere in difficoltà Donnarumma. Il Milan invece? Specialmente Theo Hernandez sulla fascia sinistra riusciva molto bene ad avanzare e ritrovarsi nella metà campo juventina, provando anche un tiro dalla distanza parato da Szczesny (43′). Il polacco respinge il tiro del terzino rossonero, ma non quello di Brahim Diaz due minuti dopo: al termine del primo tempo lo spagnolo prova un tiro a giro insaccando il pallone sotto l’incrocio dei pali (0-1).

Nella ripresa è stata la Juventus a cercare subito il gol del pareggio, mentre il Milan pensava alla difesa senza creare delle occasioni insidiose che però è arrivato pochi istanti dopo: al 58° Chiellini allarga il bracio per “parare” un tiro di Brahim Diaz, concedendo un rigore al Diavolo. Ci ha provato Franck Kessie (normalmente molto sicuro dal dischetto), ma il portiere bianconero gli dice di no, parando il tiro dagli 11 metri.

Speranza? Si! Reazione? Un pò di meno. La squadra guidata da Andrea Pirlo in attacco non ha fatto il suo dovere – specialmente Cristiano Ronaldo non si è visto quasi per niente. È dunque il Milan ad avere le ultime due parole: prima con Rebic (77′) che insacca da 22 metri con uno splendido tiro imparabile per Szczesny e, infine, Tomori che con un colpo di testa porta il risultato sul 3-0 che vale la vittoria importantissima per la Champions League.

Mancano pochi giri di orologio al fischio d’inizio di Juventus-Milan, il big match della 35° giornata di Serie A. Ecco le formazioni ufficiali riportate da “Tuttosport”:

JUVE (4-4-2): Szczesny; Cuadrado, De Ligt, Chiellini, Alex Sandro; McKennie, Bentancur, Rabiot, Chiesa; Morata, Ronaldo. Allenatore:Pirlo

A disposizione: Buffon, Pinsoglio; Bonucci, Danilo, Demiral; Arthur, Bernardeschi, Kulusevski, Ramsey; Dybala.

MILAN (4-2-3-1): G. Donnarumma; Calabria, Kjaer, Tomori, Hernández; Bennacer, Kessie; Saelemaekers, Díaz, Çalhanoglu; Ibrahimovic. Allenatore: Pioli.

A disposizione: Tatarusanu; Dalot, Gabbia, Kalulu, Romagnoli; Hauge, Krunic, Meïte, Tonali; Leão, Mandzukic, Rebic.

L’uomo della gara sarà Valeri di Roma.

Per seguire la diretta dell’incontro basta visitare i siti mondobianconero.com oppure soloxmilanisti.com.

All’andata è stato lui l’uomo della gara, ora per il ritorno la sua presenza era in bilico: Federico Chiesa torna a disposizione di Andrea Pirlo è potrebbe scendere in campo proprio contro il Milan, al quale segnò una doppietta nel 3-1 a San Siro. C’è anche l’opzione di far giocare Paulo Dybala al suo posto per sostenere l’inesauribile Cristiano Ronaldo. Per questo, Pirlo è ancora in cerca del sistema giusto per stendere nuovamente i rossoneri di Stefano Pioli, come riferisce “La Repubblica”.

L’ex Fiorentina sarà uno dei più osservati in campo, se dovesse tornare. A San Siro è stato un pieno duello con Theo Hernandez, vinto nettamente dall’esterno italiano. Bisogna vedere se sarà al top della forma dopo aver saltato tre partite a causa di un problema muscolare. La Juve avrà addiriturra bisogno di forze come lui per battere il Milan che è a pari punti e ugualmente in piena corsa per la Champions League.

Anche se il campionato di Serie A si è deciso questo finesettimana con il 19° trionfo dell’Inter, la lotta per la Champions League resta ancora aperta: il corsa ci sono l’Atalanta, la Juventus, il Milan, il Napoli e la Lazio. Per le prime quattro citate, la partecipazione all’Europa meno prestigiosa, ovvero l’Europa League, è sicura. I biancocelesti, però, potrebbero assicurarsi la qualificazione questo sabato a Firenze con una vittoria.

Menzionare la Juventus e l’Europa League nella stessa frase non capita spesso, ma quest’anno non è così scontato, dato che la qualificazione in Champions League per i bianconeri ancora non è sicura. Lo scontro diretto questa domenica contro il Milan sarà decisivo per entrambe le squadre e nello specifico per Cristiano Ronaldo: il portoghese ha dichiarato ufficialmente di voler andare via da Torino dopo il mancato scudetto. Come riferisce la “Gazzetta dello Sport” questa mattina, l’unico modo per convincere “CR7” di restare almeno un altro anno è arrivare tra le prime quattro. La Champions è casa di Ronaldo. Da qui nasce anche uno dei suoi soprannomi, “Mr. Champions League”, considerando che è il miglior marcatore della competizione con ben 134 reti, seguito da Lionel Messi con 120. Giocare in un club che non partecipa alla CL? Per Ronaldo impossibile e non accettabile, per cui in un caso del genere, sarà addio dalla Juventus.

La squadra guidata da Andrea Pirlo ha ancora 4 gare di campionato davanti a sè: il Milan, appunto, Sassuolo, Inter e Bologna. Un calendario tutt’altro che facile, considerando che si aggiunge anche la finale di Coppa Italia contro i bergamaschi, prima del match contro i rossoblù. È un obbiettivo da centrare, se la Juve vuole tenere il campione portoghese.

Stasera alle ore 18 la Juventus di Andrea Pirlo sarà impegnata ad Udine. L’obiettivo è chiaro: non sbagliare. Dopo la vittoria del Milan ieri sera contro il Benevento, i bianconeri sono obbligati a vincere per sorpassare nuovamente la squadra di Pioli. Poi ci sono da considerare anche il Napoli e l’Atalanta, entrambe in piena lotta Champions. Durante la conferenza stampa, Pirlo ha commentato la preparazione della squadra e dell’importanza dell’incontro alla Dacia Arena. Ecco alcune delle sue parole:

“La lotta Champions riguarderà tante squadre e durerà fino all’ultima giornata, c’è da lottare e fare più punti possibili: noi guardiamo a una gara per volta, pensiamo a Udine e a vincere. Sui possibili successori lo leggo sui giornali, io sono sereno e concentrato su ciò che devo fare – ha spiegato l’allenatore della Juve – e io devo portare la squadra in Champions e cercare di vincere la Coppa Italia. Non sono influenzato dalle voci, sono talmente concentrato su ciò che devo fare da non avere tempo di guardare ciò che esce sui giornali”.

In Casa Juve una delle questioni citate più frequenti è sempre la situazione nei confronti di Cristiano Ronaldo che è molto vicino ad un addio da Torino. “Ronaldo sta bene e si è allenato bene, è sereno: è una cosa positiva per il gruppo. E’ carico, ha grandi motivazioni: capisce che è un momento particolare, un campione cerca di trovare il meglio. Cristiano è tranquillo ma concentrato, tutti dobbiamo fare di più. E domani giocherà con Dybala, ha annunciato il tecnico facendo poi il punto sulla condizione fisica del gruppo. “Morata non sta benissimo, ha accusato un problemino al polpaccio e andrà valutato per capire se riusciremo a portarlo a Udine. Chiesa ha fatto qualcosa con il gruppo, ma non è al 100%: oggi vedremo le sue condizioni, sarebbe rischioso proporlo dall’inizio”.

Secondo alcuni media spagnoli, ripresi poi da “Tuttosport”, i buoni rapporti tra Andrea Agnelli e Floretino Perez potrebbero essere il vantaggio necessario in una trattativa per una forza offensiva del Real Madrid alla quale la Juventus sarebbe interessata. Si tratta di Marco Asensio che i tifosi bianconeri conoscono molto bene dopo la finale di Cardiff nel 2017.

Si sta discutendo su un possibile scambio tra l’attaccante spagnolo e Rodrigo Bentancur che piace molto ai “Blancos”. Il Real avrà presto bisogno di rimpiazzare Luka Modric vista l’età e l’uruguayano piace molto a Perez.

È stata una storia d’amore molto corta, quella della Superlega e la maggioranza dei presunti partecipanti inglesi e spagnoli. Ora si sono esposte anche le squadre italiane, ovvero Inter, Milan e Juventus. Si temevano delle sanzioni, ma ora, il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, ne ha parlato con più dettaglio, come riferito da “La Repubblica”: “Non ho in programma incontri con i vertici dei tre club. Lunedì c’è il consiglio federale, non ci sono forme di processi, condanne o vendette trasversali” ha spiegato. “Noi abbiamo difeso strenuamente i confini dei valori e delle regole del mondo del calcio e pare che tutto sia tornato alla normalità ma è un alert che deve farci riflettere sul fatto che qualcosa non funziona. Sanzioni? No, assolutamente non si può sanzionare un’idea che non si è concretizzata”.

Anche dall’estero arrivano delle voci da persone che conoscono molto bene il calcio italiano. Una è Zbigniew Boniek, ex calciatore di Roma e Juventus e attuale presidente della Federcalcio polacca (PZPN). Fin da subito, Boniek non è stato soddisfatto del progetto in generale: “Andremo avanti il calcio ha bisogno di cambiare e di rinnovarsi, non ci sono dubbi. Però, la Superlega non aveva proprio ragione di esistere. Ma che progetto era? Le squadre già giocano in una competizione di alto livello, quelle squadre in particolare, c’è la Champions League che ora sarà anche cambiata. In Champions si accede per meriti sportivi e i soldi vengono divisi fra tutte le squadre partecipanti. Invece con la Superlega, il denaro restava in quell’ambito e al posto dei meriti sportivi si entrava per quelli di business. Inconcepibile. E il bello del calcio dov’è?”.

Il calcio ha contribuito a forgiare le personalità e gli interessi di intere generazioni per più di un secolo, fino a diventare un movimento inscindibile della cultura europea e mondiale, nonché lo sport più seguito, con una stima di 4 miliardi di tifosi in tutto il mondo. Una storia longeva che, senza contare i numerosi precursori come il calcio fiorentino, nasce a Sheffield con la fondazione del primo club professionistico nel 1857 e il calcio diviene presto il passatempo principale della working class inglese, grazie alla sua semplicità e al suo divertimento garantito. Nei tre decenni successivi, la sua diffusione a livello internazionale è inarrestabile e lo rende lo sport di massa per eccellenza. Tutta questa premessa storica è fondamentale per inquadrare l’essenza di una passione che ha coinvolto miliardi di persone in tutto il mondo e che oggi, nel 2021, rischia di morire sotto i colpi della finanza sfrenata. Il progetto, messo in piedi dai grandi club europei e ufficializzato la scorsa notte tra lo scalpore generale, consiste nella creazione di una competizione ristretta ai club fondatori (Milan, Arsenal, Atletico Madrid, Chelsea, Barcellona, Inter, Juventus, Liverpool, Manchester City, Manchester United, Real Madrid e Tottenham), con l’aggiunta di alcune squadre ammesse su invito degli stessi. Oltre alle tre italiane, sono proprio i sei maggiori club inglesi a scegliere di tradire una tradizione secolare, sviluppatasi nella loro stessa nazione, mentre Bayern Monaco, Borussia Dortmund, Psg e Porto hanno rifiutato con decisione di entrare in questo gruppo elitario. Tutto ciò verrà finanziato da Jp Morgan, come annunciato da un portavoce della banca statunitense, e saranno messi a disposizione 3,5 miliardi da dividere tra le società fondatrici “per supportare i loro pani di investimento infrastrutturale e per fronteggiare l’impatto della pandemia”.

“Sono un tifoso del Manchester United da 40 anni ma sono disgustato, in particolare dalla mia squadra e dal Liverpool. Voglio dire, il Liverpool è il club del “You’ll Never Walk Alone”, il “Fans Club” o il “The People’s Club”, e poi il Manchester United, è stato creato da gente nata e cresciuta attorno a Old Trafford più di 100 anni fa; non è accettabile che vogliano entrare in un torneo senza competizione, dal quale non puoi essere retrocesso. Dobbiamo rivedere il potere calcistico di questo paese partendo dai club che dominano e comandano la Premier League, compreso il mio club. Quello che stiamo vedendo è semplice avarizia, nient’altro. I proprietari dello United e del Liverpool, ma anche del City e del Chelsea sono degli impostori; non hanno niente a che vedere con il calcio in Inghilterra. Questo paese ha più di 150 anni di storia calcisticamente parlando, e coloro che devono essere protetti sono i tifosi di questi club che per decadi hanno tifato e supportato la loro squadra in qualsiasi situazione.”.

– Gary Neville

Fifa, Uefa e tutti gli enti nazionali si sono schierati contro questo progetto e ora si è pronti per una guerra che non porterà alcun vantaggio al movimento. Sicuramente tutto ciò deriva da scelte discutibili come l’attuazione del fair play finanziario, quando bastava forse imporre un tetto salariale e qualche altra riforma più razionale per contenere i costi, ma la direzione intrapresa da Florentino Perez e company non può essere giustificata da alcuni errori di gestione, seppur gravi, degli ultimi dieci anni: è vero che le grandi società non riescano più a garantire stipendi altisonanti ai top player e agli allenatori senza andare in perdita, ma lo scopo di questa operazione consiste nell’implementare la loro potenza economica. Non si sta parlando più di squadre di calcio, ma di multinazionali quotate in borsa che diventano indipendenti, con il solo obiettivo di aumentare i guadagni. Questa è la strada in cui si era imbattuto il calcio moderno già da tanto, ma oggi 19 aprile 2021 siamo arrivati al punto di non ritorno, in cui ne esce sconfitta anche l’ultima parvenza di competizione sportiva che era rimasta. Al momento Fifa e Uefa minacciano l’esclusione da tutti i campionati, da tutte le coppe e anche dai Mondiali ed Europei per i giocatori che militano nelle squadre in questione, e forse la linea dura è davvero l’unico modo per preservare il mondo del calcio, poiché la partecipazione di una Juventus, di un Milan e di un Inter miliardari nel campionato di Serie A significherebbe provocare un divario incolmabile con chiunque altro, e le imprese di squadre minori come l’Atalanta di Percassi, il Parma di Tanzi o il Leicester in Inghilterra non sarebbero più possibili. Si preannuncia una scissione clamorosa, ma la speranza è che qualcuna di queste squadre ritratti la sua posizione, mentre ogni ente, ogni governo e gran parte dell’opinione pubblica non ha dubbi nel disdegnare questa soluzione a favore dei soliti potenti, anche perché il concetto di sport rischia di perdere la sua identità basata da sempre sulla sana competizione. Non è solo una questione economica ma etica: si deve evitare a tutti i costi che lo sport più popolare si tramuti in mero entertainment elitario.

Pochi minuti dopo la mezzanotte arriva il comunicato ufficiale: “Dodici club europei di calcio annunciano congiuntamente un accordo per costituire una nuova competizione calcistica infrasettimanale, la Super League, governata dai Club Fondatori”. È una decisione considerata come la fine dello sport più popolare del mondo. I tifosi e il loro bene, come nella maggioranza dei casi, hanno poca importanza. Sarà una rivoluzione calcistica che il mondo non ha mai visto.

AC Milan, Arsenal FC, Atlético de Madrid, Chelsea FC, FC Barcelona, FC Internazionale Milano, Juventus FC, Liverpool FC, Manchester City, Manchester United, Real Madrid CF e Tottenham Hotspur hanno tutti aderito in qualità di Club Fondatori – si legge nel comunicato – È previsto che altri tre club aderiranno come Club Fondatori prima della stagione inaugurale, che dovrebbe iniziare non appena possibile.

In futuro i Club Fondatori auspicano l’avvio di consultazioni con UEFA e FIFA al fine di lavorare insieme cooperando per il raggiungimento dei migliori risultati possibili per la nuova Lega e per il calcio nel suo complesso. La creazione della Super League arriva in un momento in cui la pandemia globale ha accelerato l’instabilità dell’attuale modello economico del calcio europeo. Inoltre, già da diversi anni, i Club Fondatori si sono posti l’obiettivo di migliorare la qualità e l’intensità delle attuali competizioni europee nel corso di ogni stagione, e di creare un formato che consenta ai top club e ai loro giocatori di affrontarsi regolarmente”.

Inoltre, nel comunicato è stato anche sottolineato che “la pandemia ha evidenziato la necessità di una visione strategica e di un approccio sostenibile dal punto di vista commerciale per accrescere valore e sostegno a beneficio dell’intera piramide calcistica europea. In questi ultimi mesi ha avuto luogo un ampio dialogo con gli stakeholders del calcio riguardo al futuro formato delle competizioni europee. I Club Fondatori credono che le misure proposte a seguito di questi colloqui non rappresentino una soluzione per le questioni fondamentali, tra cui la necessità di offrire partite di migliore qualità e risorse finanziarie aggiuntive per l’intera piramide calcistica”, come riferito da “La Repubblica”.

È prevista una competizione con “20 club partecipanti di cui 15 Club Fondatori e un meccanismo di qualificazione per altre 5 squadre, che verranno selezionate ogni anno in base ai risultati conseguiti nella stagione precedente; partite infrasettimanali con tutti i club partecipanti che continuano a competere nei loro rispettivi campionati nazionali, preservando il tradizionale calendario di incontri a livello nazionale che rimarrà il cuore delle competizioni tra club”. Ci saranno partite infrasettimanali con i club che continueranno a competere nel proprio campionato nazionale, “preservando il tradizionale calendario di incontri a livello nazionale che rimarrà il cuore delle competizioni tra club”, scrive “La Repubblica”.

L’aspetto principale di certo non sono i tifosi: si tratta di crescite economiche e un supporto al calcio europeo a traverso di libertà finanziarie senza tetto massimo. Questi contributi di solidarietà saranno sostanzialmente più alti di quelli generati dall’attuale competizione europea e si prevede che superino i 10 miliardi di euro durante il corso del periodo iniziale di impegno dei club. “Inoltre, il torneo sarà costruito su una base finanziaria sostenibile con tutti i Club Fondatori che aderiscono ad un quadro di spesa. In cambio del loro impegno, i Club Fondatori riceveranno un contributo una tantum pari a 3,5 miliardi di euro a supporto dei loro piani d’investimento in infrastrutture e per bilanciare l’impatto della pandemia Covid-19“, spiega la “Gazzetta dello Sport”.

“Aiuteremo il calcio ad ogni livello e lo porteremo ad occupare il posto che a ragione gli spetta nel mondo. Il calcio è l’unico sport davvero globale con più di quattro miliardi di appassionati e la responsabilità di noi grandi club è di rispondere ai loro desideri”, spiega Florentino Perez, presidente del Real Madrid. Anche Andrea Agnelli, presidente della Juventus ha detto la sua sulla nuova competizione europea: “I 12 Club Fondatori hanno una fanbase che supera il miliardo di persone in tutto il mondo e un palmares di 99 trofei a livello continentale. In questo momento critico ci siamo riuniti per consentire la trasformazione della competizione europea, mettendo il gioco che amiamo su un percorso di sviluppo sostenibile a lungo termine, con un meccanismo di solidarietà fortemente aumentato, garantendo a tifosi e appassionati un programma di partite che sappia alimentare il loro desiderio di calcio e, al contempo, fornisca un esempio positivo e coinvolgente”.

Per le federazioni calcistiche e i presidenti delle squadre di certo è un sogno che finalmente si avvera, mentre per i tifosi è semplicemente un incubo. In più, tutto ciò è legato a vari rischi (non per i presidenti, ovviamente). Le squadre intenzionate a partecipare alla Superlega verrebbero subito esclusi da tutti i tornei, campionati nazionali inclusi. “Ai club interessati “sarà vietato di giocare in qualsiasi altra competizione a livello nazionale, europeo o mondiale e ai loro giocatori potrebbe essere negata la possibilità di rappresentare le loro squadre nazionali. Ringraziamo i club di altri paesi, in particolare i club francese e tedesco, che si sono rifiutati di sottoscriverlo. Esortiamo tutti gli amanti del calcio, dei tifosi e dei politici, a unirsi a noi nella lotta contro un progetto del genere, se dovesse essere annunciato. Questo persistente interesse personale di pochi va avanti da troppo tempo. Quando è troppo, è troppo”.

Il calcio ha tanti amanti nel mondo, circa 4 milliardi. Con la Superlega, in pratica, cambia tutto. Non sarà lo stesso sport di prima.