L’eliminazione del Portogallo ha prestato il fianco ad una pioggia di attacchi a Cristiano Ronaldo, reduce da una gara nella quale non ha demeritato. Il capro espiatorio è servito e tanti avvoltoi se ne stanno cibando.

LA GARA DI CR7 Belgio-Portogallo avrebbe dovuto essere, secondo le attese degli spettatori e dei tifosi, la partita dello spettacolo e dei gol. Il primo non è mancato, con tante occasioni create dal dinamismo dei lusitani e dalla qualità della selezione belga. Il gol è stato unico: quello di Thorgan Hazard al 42′ del primo tempo. Prima e dopo non è mancata l’intensità: entrambe le squadre hanno mantenuto ritmi abbastanza alti con il giro palla e l’attacco della profondità. Nella notte di Siviglia si vede, ma non come avrebbe voluto lui, anche Cristiano Ronaldo, che gioca per la squadra e tenta la giocata qualitativa, quella che manda in porta un compagno. Ci prova due volte nella ripresa: la prima quando serve un grande assist a Diogo Jota che spreca la conclusione in area; la seconda nel finale con un colpo di testa per André Silva che non sortisce gli effetti sperati. Il fuoriclasse bianconero non riesce ad affondare il colpo decisivo, come fatto nella fase a gironi della quale è capocannoniere con 5 reti. CR7 si è anche messo in proprio. Sua la punizione che ha chiamato Courtois ad un intervento con i pugni. Il solito Ronaldo insomma. Sempre nel vivo dell’azione ma al quale è mancato quel quid plus per trovare il gol. Non a caso le pagelle dei principali quotidiani sportivi sono concordi nel giudicare con la sufficienza piena la prestazione del numero 7.

RONALDO = JUVE – Sarà abituato alle critiche feroci Cristiano Ronaldo, un personaggio sempre nell’occhio del ciclone al quale in carriera non avranno risparmiato attacchi per ogni mal di pancia o indiscrezioni di mercato sul suo futuro. Ma chissà se il fuoriclasse portoghese avrà fatto il callo a quelle critiche, pretestuose e orientate, che muovono da certa stampa italiana, i cui portavoce, che molto di rado ricordano di dover adeguarsi ad una deontologia professionale, non perdono occasione di vestire i panni del più acceso tifoso curvaiolo ed alimentare il calderone, fin troppo bollente e borbottante, di un anti-juventinismo che in Italia trova sempre lo spiraglio giusto dal quale emergere. Anche quando, a ben vedere, è un sentimento tutt’altro che opportuno. Un po’ per principio (godere delle sconfitte altrui non ci pare di per sé molto gratificante), un po’ per distinzione di ruoli (il giornalista, soprattutto se non schierato, non dovrebbe indugiare in pratiche da tifoso), un po’ per dovere di cronaca (la gara di Ronaldo non è esaltante perché il numero 7 non compare nel tabellino dei marcatori ma non è nemmeno insufficiente). Inquadrare la partita – e l’intera stagione – del portoghese con la definizione di annus horribilis è quanto di più inesatto, fazioso e avulso dalla realtà si possa addurre come sintesi della sua annata. Che, lo ricordiamo ai distratti, vede Ronaldo incrementare di due ulteriori trofei di squadra la propria bacheca, oltre ai titoli personali di capocannoniere della nostra Serie A e almeno ad oggi, il titolo di re dei bomber di Euro 2020 con 5 gol. In numeri fanno 36 reti con la maglia della Juventus e 10 in Nazionale. Non male per un anno insignificante ed orribile. Forse in Italia di orribile c’è soprattutto una malsana abitudine. Quella di preferire la caccia all’uomo, al capro espiatorio, meglio ancora se juventino. Perché lo sport nazionale non è seguire il calcio bensì dare addosso alla Juventus. E non c’è Europeo o Mondiale che tenga: in questa competizione la stampa italiana può vantare un palmares degno delle migliori squadre al mondo.

IL LATO BELLO DEL CALCIO – Tra i tanti aspetti che si potevano mettere in luce della gara di ieri sera, anziché affrettarsi ad affossare “lo juventino”, c’era sicuramente il bel gesto di Lukaku che a fine gara si avvicina a Ronaldo per consolarlo dopo l’eliminazione. Un abbraccio, che fa il paio con quello liberatorio al quale si sono abbandonati Vialli e Mancini dopo la sofferta vittoria degli azzurri sull’Austria. Ci piacerebbe e non poco raccontare il calcio degli abbracci e delle strette di mano, dei bei gesti e del fair play. E anche quello della goliardia e dello sfottò che ci strappa una sana risata e ci regala un momento di leggerezza. In chiusura del mio pezzo riservo una menzione d’onore alla gestione degli account social del Museo Archeologico di Venezia. Particolarmente riuscito il post dall’account Instagram che utilizza l’abbraccio tra i due campioni, ormai diventato un meme virale, per rilanciare e promuovere le visite in uno dei luoghi della cultura della città. E l’invito è anche a Cristiano Ronaldo che, se non bastasse il gesto di Lukaku, può sempre lasciarsi alle spalle la delusione per l’eliminazione con una capatina in Laguna, immergendosi in un percorso suggestivo e rilassante tra sculture antiche e ceramica.

La trasferta di Udine è risolta da due guizzi di Cristiano Ronaldo. A pochi minuti dalla fine Pirlo concede il debutto stagionale al giovane attaccante dell’Under23.

LE TANTE FACCE DELL’ATTACCO – Minuto 84 di Udinese-Juventus. Il pari è stato acciuffato grazie al rigore trasformato da Ronaldo un minuto prima ma non basta. Per non perdere quota nella corsa al piazzamento in Champions League, serve lanciare il cuore oltre l’ostacolo. E’ necessario sbilanciare la squadra nel tentativo di trovare il gol del vantaggio. Morata ha già rilevato uno spento Dybala ma il cambio non ha sortito gli effetti sperati. Non buona la condizione dello spagnolo, come annunciato nella Conferenza della vigilia. Pirlo guarda in panchina e decide che è arrivato il momento di inserire Felix Correia per l’esordio stagionale. Sei minuti più recupero per dare un po’ di brio all’attacco bianconero. Il classe 2001 tocca pochi palloni ma dimostra di avere gamba e personalità. Il tempo concessogli non gli consente di imprimere cambiamenti consistenti al match. Non è Ronaldo, per il quale anche una sola palla può essere quella della svolta. Ma non è certo colpa sua se l’attaccante proveniente dall’Under23 di Lamberto Zauli non ha potuto beneficiare in stagione di un più ampio minutaggio. E’ comunque lecito domandarsi se un debutto anticipato di qualche mese avrebbe potuto fornire alla squadra quella imprevedibilità che più volte è latitata nella manovra offensiva di Andrea Pirlo. Tanti tifosi e addetti ai lavori hanno invocato a gran voce l’impiego di Felix Correia nei momenti più delicati dell’annata bianconera. Il tecnico bresciano lo lancia in campo nel finale di gara della Dacia Arena, più per riparare all’errore di non aver tenuto in campo Dybala quando c’era bisogno di qualcosa in più lì davanti, che per sincera convinzione nelle sue qualità. Eppure il ragazzino portoghese sarebbe stato utile nel momento in cui, prima dell’infortunio della Joya, si ripetevano le prestazioni sottotono dell’argentino. O quando un esausto Morata era costretto agli straordinari per sopperire alla mancanza di interpreti d’attacco. O ancora quando un deludente Kulusevski inscenava con scarsi risultati il ruolo di partner di Ronaldo in un tandem d’attacco improponibile. La prima presenza in campionato del giovane Correia arriva quando mancano soltanto quattro partite al termine della contesa (cinque con la finale di Coppa Italia). Se Dybala sarà l’oggetto del prossimo mercato e se Morata è la scialba fotocopia del letale centravanti di inizio stagione, non riteniamo affatto fuori contesto l’inserimento di qualche nota nuova nello spartito, quest’anno spesso stonato, della Vecchia Signora. Il futuro è suo. Sta alla Juventus crederci.

La gara di ieri certifica una costante dell’annata bianconera. La Juventus ha un grande potenziale nei piedi, nella testa e nel sacrificio di tanti giovani talentuosi, ma, proprio come un giovane studente, non riesce a mantenere alta la soglia dell’attenzione. Sono le due facce complementari della medaglia bianconera dell’attuale stagione.

RECTO – Più che un diritto della medaglia, il primo tempo di Juve-Genoa ne presenta almeno due, Kulusevski e Morata. Stupisce, ma dopo la partita con il Napoli fino a un certo punto, l’atteggiamento della squadra di Pirlo che nei primi 45 minuti scende in campo per fare la partita. La consapevolezza è quella propria di chi sa che vuole prendersi i tre punti e impiegherà ogni grammo di energia fisica e mentale per riuscirci. La Juventus cerca risposte per restare in scia del Milan, vittorioso a parma il giorno prima. La prima arriva da Dejan Kulusevski, il figliuol prodigo che si fa perdonare il grave errore del derby e mostra un accenno del proprio repertorio con il gran sinistro che sblocca il match dopo 4 minuti. La rete è il preludio ad un’ottima prestazione dell’ex Parma che si impegna nella doppia fase e sembra un giocatore completamente diverso dalla spaesata comparsa delle ultime uscite. L’apporto qualitativo che lo svedese conferisce alla manovra si nota e per tutto il primo tempo l’asse Cuadrado-Kulu è una spina nel fianco della retroguardia ospite. L’altro aspetto positivo è il ritorno al gol di Alvaro Morata, che mancava all’appuntamento con la rete da oltre un mese. La conclusione vincente dello spagnolo vale il 2-0 al 22′. Quando il risultato si è fatto rassicurante, qualcosa è però andato storto. E qui entra in gioco il lato più preoccupante di una squadra bifronte.

VERSO – Chiamatela stanchezza. Chiamatela eccesso di sicurezza. Ma la parentesi piuttosto estesa che ha visto la Vecchia Signora sbandare nella ripresa è uno dei principali limiti di una squadra che sta ancora cercando la migliore maniera per esprimere il proprio potenziale. La rete di Scamacca da calcio piazzato fa sprofondare la Juventus nell’incertezza. Vecchi timori riaffiorano, i punti fermi vacillano. Il limbo del dubbio fa da scenario alle giocate dei bianconeri. La manovra perde fluidità, ogni pallone pesa. Per un attimo, nel vedere Scamacca e Pjaca arrivare con troppa facilità alla conclusione, scorrono nella mente le immagini dell’ultimo derby, con gli attaccanti granata lanciati a rete. Uno Szczesny in una delle migliori versioni di se stesso sventa le minacce. L’imprecisione dei genoani fa il resto. Ma il campanello d’allarme è suonato. Il gol del subentrato McKennie allontana solo momentaneamente gli incubi più neri. Quando stacca la spina, questa Juventus è fragile. Se non mantiene alti i ritmi, la squadra di mister Pirlo è vulnerabile. Lo conferma anche il dato dei gol subiti: almeno uno nelle ultime 6 gare. Se a quanto detto aggiungiamo poi che la stella Ronaldo non ha prodotto altro che sbuffi di rabbia, dobbiamo segnalare che finanche i più esperti vanno in bambola quando le cose si complicano. L’allenatore non pare aver trovato la cura alla patologia che il paziente Juventus si trascina dietro dall’inizio della stagione. Ma a questo punto, la spina deve essere ben collegata. La concentrazione al massimo. Il calendario non è dei più agevoli. C’è subito l’Atalanta a saggiare la tenuta mentale di Ronaldo e compagni. Poi sarà la volta del Milan e alla penultima giornata dell’Inter. Senza dimenticare la trasferta del Franchi contro una Fiorentina che all’andata mise a dura prova la determinazione e l’attenzione dei bianconeri. Meno rabbia e più testa, dunque. E l’obiettivo piazzamento Champions non verrà gettato via come fasce e magliette.