Ma c’è differenza fra il Governo Draghi e il Governo Conte?

Ormai è un paio di mesi che abbiamo come premier Draghi e grande sta diventando la delusione di chi si aspettava ed auspicava un cambio di rotta epocale. Ma è proprio vero affermare che Draghi stia continuando la politica di Conte? L’idea che tutti ci aspettavamo era un governo che dicesse meno parole al vento e facesse più fatti.

Diciamo che relativamente primo punto Draghi ha ottenuto il suo scopo. Con Conte avevamo l’osceno spettacolo di ministri che festeggiavano la fine della povertà, che scrivevano libri su come avessero sconfitto il Covid, membri del CTS che imperversavano in TV dicendo tutto e il contrario di tutto, il ministro dell’Economia che sbagliava mostruosamente previsioni economiche, il ministro dell’Istruzione che investiva centinaia di milioni di euro in banchi a rotelle e il commissario straordinario Covid che, invece di organizzare la vaccinazione o di comprare le mascherine al giusto prezzo e nella quantità giusta, pensava a costruire strutture a forma di primula al centro di tutte le città. Lo stesso Primo Ministro passava molto suo tempo in continue dirette TV a reti unificate in cui vantava il modello italiano per affrontare il Covid (più morti percentuali rispetto a quasi tutti i paesi OCSE, restrizioni delle libertà personali superiori a quasi tutti i paesi occidentali, impatto economico fra i peggiori) usando la tecnica da sempre usata in tutti i paesi dove non vi è una piena democrazia, ossia ripetere in modo ossessivo un pensiero fino a renderlo una verità acclamata presso il popolo.

Con Draghi la musica è cambiata. Molte meno voci dissonanti e pochissime parole che però spesso lasciano il segno. Emblematico è quello che è successo la scorsa settimana. In questa situazione economica l’immigrazione incontrollata è un enorme problema perché distoglie le residue risorse economiche dalle necessità dei residenti. Per questa ragione, in modo sincrono, Draghi è volato in Libia e Ursula von der Leyen in Turchia per fermare l’immigrazione in partenza verso l’Italia e la Germania. Draghi ha approfittato dell’umiliazione patita dalla von der Leyen da parte di Erdogan per chiamare dittatore Erdogan, non solo facendo risaltarne la totale inadeguatezza (già dimostrata con il fiasco del piano vaccinale) ma anche facendo implicitamente notare sia che la Germania (e l’Europa) hanno da sempre usato due pesi e due misure condannando l’Italia per gli accordi con la Libia ma accettando vergognosi compromessi con la Turchia per tutelare i propri interessi e sia che la Commissaria Europea si è mossa per andare in Turchia a difendere gli interessi sostanzialmente solo tedeschi. Dal lato della comunicazione siamo molto migliorati e questo è molto importante da un punto di vista reputazionale con tutto ciò che ne consegue, come ad esempio l’andamento dello spread.

Sui fatti il giudizio deve essere sicuramente lasciato in sospeso. Conte è caduto perché il piano vaccinale faceva acqua da tutte le parti e il piano per i Recovery Funds era inesistente. Draghi è subentrato a Conte per risolvere questi grandi problemi ed in entrambe le cose è intervenuto pesantemente. Il piano vaccinale incomincia a marciare ed un minimo di strategia incomincia ad essere visibile ossia che debbano essere vaccinate prima le fasce più deboli della popolazione e che i furbetti debbono essere fermati. Il piano dei Recovery Funds, al di là di un bel po’ di demagogia di facciata, incomincia a mostrare una struttura seria. Ma questo però è importante ma non basta.

Il Paese non funziona.

L’inclusione, quella vera, non funziona. Se uno nasce povero ed emarginato, rimane tale, nonostante il numero spropositato di Ong ed associazioni caritatevoli che abbiamo.

La Scuola non funziona come ascensore sociale. L’Università serve a produrre solo paper scientifici invece che trasferire innovazione sul territorio.

La Giustizia è una maledizione. La pena non è quando decretato dal giudice ma il processo in sé.

La burocrazia soffoca ogni spirito imprenditoriale. Il codice degli appalti è un rompicapo che frena gli onesti e fa sguazzare la criminalità organizzata. I manager e i funzionari pubblici che non si assumono alcuna responsabilità (facendo perdere miliardi di Euro al Paese) sono premiati mentre chi si assume un minimo di rischio inevitabilmente condannato a qualche risarcimento perché non ha rispettato qualcuna delle innumerevoli leggi.

Ma forse la cosa più intollerabile adesso è l’atmosfera penitenziale e da grande fratello orwelliano che è iniziata più di un anno fa con il Covid e che ha significato la soppressione o la limitazione di importanti libertà personali che sono il fondamento di ogni democrazia degna di questo nome. Questo clima lo ha introdotto il duo Conte-Speranza e lo continua a perseguire il duo Draghi-Speranza.

E’ ovvio che Draghi presiede un governo di transizione e a tempo, ma segnali di cambiamento sarebbero non solo auspicabili ma anche necessari per dare un po’ di speranza a un Paese prostrato e al limite di una crisi di nervi.

Come diceva Giovanbattista Vico sui corsi e ricorsi storici, la nostra politica è tutta un dejavu. Fino alla caduta del muro, la regola non scritta nella nostra Costituzione era che, indipendentemente dal risultato elettorale, il PCI era escluso a priori dalla compagine governativa. Adesso da 10 anni, come effetto di Mani Pulite e della clamorosa sconfitta del Berluska, la regola non scritta è che, indipendentemente dal risultato elettorale, il PD dirige la compagine governativa qualunque sia il suo peso elettorale. Fra un anno però potremmo assistere ad una svolta con l’elezione del Presidente della Repubblica. Attualmente il pallino in mano alla politica ce l’ha il PD che, con 5Stelle e FI, sta guidando la politica del Paese.

I 5Stelle di DiMaio e Conte sono sostanzialmente costretti ad essere allineati al PD. Dopo 3 anni di Governo, lo spirito antigovernativo e rivoluzionario si è sopito (sopravvive solo nelle parole, non nei fatti) e l’unica direzione politica perseguibile è un’alleanza sempre più stretta con il partito di Bibbiano. Per FI il discorso è diverso. Berluska è stato umiliato e condannato ai servizi sociali. Per sopravvivere, dal 2013 in poi, ha perseguito una politica da costola del PD dando un sostegno più o meno palese. Continuerà questa politica?

La variante è stata che il Governo Draghi avrebbe dovuto nascere ricalcando la maggioranza Ursula con la sola FI nel ruolo di stampella per contenere l’iniziativa politica renziana. Non è stato così e c’è un alleato scomodo al Governo ossia la Lega di Giorgetti-Salvini.

Il tentativo scontato (che sta avvenendo in questi giorni) è spaccare la Lega. Interrompere perciò la politica/commedia del poliziotto buono (Giorgetti) e quello cattivo (Salvini) e spingere Salvini a rompere. Ossia far fare a Giorgetti il ruolo (e la fine) di Alfano nella scorsa legislatura. Se ciò succede, la politica attuale continuerà indisturbata e il PD continuerà a governare indisturbato anche nel prossimo decennio. Alle prossime elezioni ci sarà una destra limitata alla Meloni e alla Lega di Salvini che competerà, senza speranza di successo, contro una maggioranza arcobaleno che andrà dal Leu di Speranza fino a un movimento centrista FI- Lega di Giorgetti. In questa evenienza il PdR sarà, come è sempre accaduto, espressione del PD che probabilmente chiederà le elezioni di un cattolico di sinistra, meglio se donna e se magistrato. Draghi sarà tacitato con un ulteriore anno da PdC, con un probabile seggio da senatore a vita e con la promessa di un incarico europeo stile Gentiloni.

Se però Salvini, memore del disastro del Papeete, si manterrà zen, la battaglia per il PdR infurierà. Al centrodestra, attualmente, il migliore dei candidati possibili è proprio Mario Draghi, sia perché così potrebbe avere un Presidente non ostile a priori e sia perché significherebbe elezioni politiche più vicine. Il problema è che il centrodestra non ha i voti per eleggere Draghi. Per le ragioni opposte per il PD Draghi non rappresenterebbe la migliore delle scelte, anzi forse la peggiore, ma, da soli, PD e 5Stelle (quelli che rimangono) non sono sufficienti per eleggere il PdR. Risulta fondamentale FI. Per questa ragione adesso il PD ha il segretario più vicino possibile a FI (Enrico Letta), ma l’incognita è se Berluska dimenticherà tutte le umiliazioni inflitte in questi ultimi 10 anni e contribuirà ad eleggere un PdR in continuità con il partito della Magistratura… Sarebbe un caso simbolico ed emblematico di sindrome di Stoccolma…

La rielezione a termine di Mattarella, potrebbe rappresentare un compromesso, ma in questo caso i ruoli si ribalterebbero. Nel prossimo parlamento, se il trend elettorale rimanesse questo, Draghi sarebbe per il PD il migliore dei possibili PdR, mentre per il centrodestra ciò non sarebbe più vero.

Insomma da qui a un anno, si apriranno per la politica italiana una serie di sliding doors che rendono il futuro politico del Paese del tutto imprevedibile considerando anche che molto dipenderà da quando finirà la pandemia e da quanto saranno più o meno catastrofici i mesi che seguiranno la fine dell’emergenza.

Quali personaggi mi ricordano la situazione dell’Italia e dell’Europa? Oltre alla solita Maria Antonietta che pensava di risolvere il problema della fame del popolo con le brioches sicuramente possibili emblemi di questa situazione sono il Ct Ventura (quello dell’eliminazione del mondiale di calcio sostanzialmente con lo stesso parco giocatori a disposizione con cui Mancini ha inanellato successivamente 25 partite di fila in cui è rimasto imbattuto) o Schettino (quello del naufragio della Costa Concordia).

Abbiamo una serie di persone incompetenti al potere sia in Italia che in Europa. La Ursula von der Leyen, con il disastro della campagna vaccinale e dei contratti capestro con le aziende farmaceutiche, è riuscita nel miracolo di rendere gli Inglesi entusiasti della Brexit e di rendere, al suo confronto, Boris Johnson un gigante politico sia per spessore che per valore valore. L’Europa ha mostrato tutta la sua debolezza: è l’unico blocco economico incapace di produrre un proprio vaccino. Ce l’hanno fatta gli US, ce l’ha fatta l’UK, ce l’ha fatta la Cina, ce l’ha fatta la Russia ma non l’Europa. Non abbiamo la tecnologia per produrre vaccini e non abbiamo il peso politico per comprarli sul mercato.

Ma è in Italia che abbiamo raggiunto il massimo. Abbiamo un ministro della salute che pensava che il lockdown dello scorso anno, insieme ai banchi a rotelle delle Azzolina (più di 100 milioni di Euro buttati nel cesso) avessero sconfitto il Covid tanto da scrivere un libro apologetico lo scorso agosto sia sul modello Italia che su sé stesso. Libro che, dopo le regionali a settembre, con l’avvento della seconda ondata, non è più uscito, né più uscirà, in libreria. Sembra si trovi solo su e-bay a prezzi folli, conteso dagli amanti dell’trash-horror tipo quelli che pagano a peso d’oro le copie originali di Mein Kampf. Abbiamo in Lombardia, dove ci sono fior fiore di aziende informatiche, i dirigenti di Aria (che aveva inglobato Lombardia Informatica) incapaci di realizzare una piattaforma informatica capace di gestire in modo accettabile il piano vaccinale. Abbiamo avuto una pletorica commissione di esperti(?) che ha partorito una piattaforma di tracciamento come Immuni che si è rivelata essere un colossale fiasco. Abbiamo il Governatore della Toscana che dopo che la Toscana aveva superato la scorsa settimana i 250 casi su centomila e con un contagio ancora in forte aumento (R_t pari a 1.08) vaneggiava di ritorno prossimo (il 12 Marzo) in zona arancione. Abbiamo il neo segretario del PD che ha indicato, come misure prioritarie per affrontare l’emergenza pandemica, il voto ai 16enni e lo ius soli.

Insomma abbiamo una classe dirigente, politica ma non solo, totalmente inetta e completamente lontana dai reali bisogni della popolazione. Vi è inoltre in atto un pensiero unico. Nonostante il disastro economico (intere filiere produttive sono allo stremo), nonostante il disastro sanitario (abbiamo superato i 110 mila morti, uno dei paesi peggiori al mondo per la mortalità in percentuale), nonostante il disastro etico-morale che sta cancellando la nostra tradizione religiosa (le chiese sono vuote e ormai il paese è quasi totalmente scristianizzato) nonostante la drammatica e spesse volta non giustificata riduzione delle libertà costituzionalmente garantite (per un anno abbiamo subito un lock down devastante per la nostra psiche), i nostri giornalisti lodano all’unisono il livello della nostra classe dirigente e blaterano di un modello Italia che può esistere solo negli incubi di Freddy Krueger. Sono loro credo l’ultima barriera a una rivoluzione che altrimenti sarebbe inevitabile. Siamo in una situazione come la Francia e la Russia prima della rivoluzione, ma a differenza loro, abbiamo una classe intellettuale prona alle politiche governative che non incita il popolo a riprendersi il potere. Non abbiamo né un Robespierre né un Lenin ne un Mao.

Ma, nonostante Speranza, il Covid prima o poi finirà e l’Europa (e l’Italia) dovranno affrontare le conseguenze di una guerra disastrosamente persa a dire il vero non solo da noi ma, anche se in misura nettamente minore, da tutto l’Occidente. Chi pagherà le conseguenze della sconfitta? Tutti i ceti sociali e tutte le classi di età. Il debito deve essere ridotto, quindi l’inflazione sarà necessaria ma ridurrà assieme al debito anche il potere d’acquisto delle pensioni. Il mondo del lavoro sarà ristrutturato, per i giovani il posto fisso sarà una chimera e dovranno imparare a vivere come partite Iva, i lavoratori più anziani saranno rottamati e prepensionati, i lavoratori di mezza età perderanno ogni certezza e saranno costretti o al loro demansionamento o alla disoccupazione. In un simile scenario, il Paese manterrà la coesione sociale? Si abituerà semplicemente al peggio come la rana che finisce bollita in una pentola dove l’acqua viene lentamente portata all’ebollizione? Saprà rinnovarsi? Certamente se la classe dirigente rimarrà quella attuale (sia in Italia che in Europa) non ci sarà limite al peggio… e alla fine avremo anche noi un uomo forte. Se ci andrà bene un Putin, se ci andrà male un Hitler o uno Stalin.

Umberto Eco, nel prologo del Pendolo di Focault, prende in giro i complottisti con queste parole: “l’altezza della piramide di Cheope è uguale alla radice quadrata del numero dato dalla superficie di ciascuno dei lati. […] Prenda l’altezza del pyramidion, la moltiplichi per l’altezza della piramide intera, moltiplichi il tutto per dieci alla quinta e abbiamo la lunghezza della circonferenza equatoriale. Non solo, se prende il perimetro della base e lo moltiplica per ventiquattro alla terza diviso due, ha il raggio medio della terra. In più l’area coperta dalla base della piramide moltiplicata per 96 per dieci all’ottava dà centonovantasei milioni ottocentodiecimila miglia quadrate che corrispondono alla superficie terrestre.” “Signori”, disse, “invito loro ad andare a misurare quel chiosco. Vedranno che la lunghezza del ripiano è di 149 centimetri, vale a dire un centomiliardesimo della distanza Terra-Sole. L’altezza posteriore divisa per la larghezza della finestra fa 176/56 = 3,14. L’altezza anteriore è di 19 decimetri e cioè pari al numero di anni del ciclo lunare greco. La somma delle altezze dei due spigoli anteriori e dei due spigoli posteriori fa 190 x 2 + 176 x 2 =732, che è la data della vittoria di Poitiers. Lo spessore del ripiano è di 3,10 centimetri e la larghezza della cornice della finestra di 8,8 centimetri. Sostituendo ai numeri interi la corrispondente lettera alfabetica avremo C10 H8, che è la formula della naftalina”.

Tutto vero, ma quando capita una coincidenza, ci suona sempre molto strana e ci porta a riflessioni più o meno contorte. L’altro giorno una mia cugina di fede molto salda mi ha invitato a vedere un filmato su Youtube sulle apparizioni di Medjugorje. Vista la sua insistenza, alla fine l’ho visto. Ho poi commentato con mia moglie che non credevo nelle apparizioni della Madonna e non credevo neanche nei segreti. Perché mai la Madonna o Dio dovrebbero usare la profezia per parlarci? Non è né logico né pratico. Poi perché usare delle persone qualunque come i veggenti di Medjugorje. E ho concluso con molta foga dicendo che si può discutere se Dio esista o meno, ma non si può suppore un Dio non razionale. E quindi le profezie di Medjugorje per me, non potevano che essere una cagata pazzesca (per usare l’alto linguaggio fantozziano).

La cosa sembrava finita così, ma la Domenica delle Palme una mia vecchia zia mi ha chiesto di procurarmi l’ulivo benedetto. Sono andato a messa ma ho scoperto che, causa Covid, il prete non lo distribuiva. Ho allora chiesto a un mio studente di dottorato che vive presso una comunità di Focolarini se me lo poteva procurare. Mi ha detto che, causa zona rossa in Toscana, me lo poteva portare solo quando saremmo diventati gialli, ossia fra circa 40 giorni. Ho riflettuto che nella Bibbia c’è un personaggio che riceve un ramoscello di ulivo dopo circa 40 giorni. E’ Noè e lo riceve portato da una colomba come simbolo della fine del diluvio. Ho immediatamente interpretato tutta la vicenda come una profezia che fra 40 giorni la pandemia finirà e si ritornerà la vita normale.

Ho riflettuto che ci sono 3 serie ragioni che giocano a favore di questa interpretazione escatologica:

  1. Ho le palle piene di questo lockdown e non vedo l’ora che finisca, quindi, a questo fine, accetto anche una profezia
  2. Se Dio esiste e ha il senso dell’humour (cosa che ritengo molto probabile leggendo sia la Bibbia che il Corano) si deve essere molto divertito a regalarmi una profezia dopo la mia sparata sull’idiozia di credere nelle profezie dei veggenti. Dio (ed Allah) amano umiliare e confondere i pseudo-sapienti che pensano di sapere tutto. Gesù confonde i dotti farisei, Allah umilia Maometto con la vicenda degli uomini che avevano dormito per centinaia di anni in una caverna.
  3. Fra 40 giorni arriva l’estate, saranno stati vaccinati altri 12 milioni di Italiani e saranno disponibili gli anticorpi monoclonali per terapia. Quindi non è improbabile che fra 40 giorni l’incubo sarà veramente finito.

In conclusione, sono disponibile a dichiararmi pubblicamente sconfitto dal potere delle profezie purché si faccia ritorno fra 40 giorni alla vita normale.

Quali le strategie per ritornare alla normalità?
E’ ormai più di un anno che la pandemia è iniziata. Ne sappiamo molto di più che all’inizio: il Covid è di tipo influenzale, quindi quasi scompare d’estate. Se uno si ammala di Covid e ne guarisce, gli anticorpi generati lo difendono in media per 6 mesi. Le politiche di distanziamento stanno inoltre selezionando forme di Covid sempre più contagiose. La ricerca medica ha sviluppato, a tempo di record, numerosi vaccini, ma il virus, come tutti quelli influenzali, si modifica molto rapidamente e richiederà la continua realizzazione di nuovi vaccini capaci di sconfiggere le varianti che via via si presenteranno. L’Europa si è resa conto di essere sola, sedotta ed abbandonata dagli US. Il nuovo Presidente Biden, de facto, sta proseguendo nella strategia di Trump, l“America First”. Gli US si sono infatti accaparrati tutti i vaccini e li distribuiranno in Europa solo quando, fra qualche mese, sarà terminata la campagna di vaccinazione di loro. Meglio dell’Eropa hanno fatto sia Uk ed Israele che sono riusciti a organizzare una campagna di vaccinazione efficiente. La UE ha dimostrato di essere un nano politicamente parlando. Non ha la forza di farsi dare un po’ di vaccini dagli US, non ha la forza di tenere in loco la produzione vaccinale e non ha la forza politica di staccarsi dagli US per chiedere alla Russia di fornirle un po’ di vaccini. Anzi, si assiste sgomenti alle pesanti accuse di Biden rivolte verso Putin e verso la Russia. Non è bene che la Russia venga spinta fra le braccia della Cina. Anche perché questa situazione molto critica è in contemporanea con la perdita di valori fondanti, con la scristianizzazione ormai inarrestabile del vecchio Continente, con la crisi economica e con le evidenti difficoltà. Sono in crisi i nostri ideali democratici che ci rendono forti.
Che fare? La strategia che i Governi Europei sembrano vogliono perseguire mi sembra poco proficua. Avremo i vaccini in quantità solo fra qualche mese. Ha senso fare una vaccinazione di massa a maggio quando il virus, se ripetesse il pattern dello scorso anno, dovrebbe aver perso totalmente vigore? L’ombrello vaccinale dovrebbe durare 6 mesi-un anno. Perché sprecare la protezione vaccinale durante i mesi estivi? Non sarebbe sensato programmare la campagna vaccinale a settembre-ottobre in modo da avere la protezione massima proprio durante i mesi autunnali ed invernali, quelli di maggiore contagio? E poi, visto che i vaccini dovrebbero immunizzarci per circa un anno, quando fra 12 mesi inizieranno a perdere efficacia, che si fa? Si ritorna a vaccinare di nuovo 60 milioni d’italiani? E questo da ripetere ogni anno? Già adesso vaccinare tutti gli Italiani sembra del tutto pazzesco. Figuriamoci l’impatto che avremmo se programmassimo una vaccinazione di massa ogni anno… Insomma non c’è dubbio alcuno che la strategia della vaccinazione di massa di tutta la popolazione italiana forse la possiamo fare una volta, non di certo ogni anno. L’attuale politica di contenimento della pandemia basata sulle vaccinazioni di massa è, almeno a lungo termine, quasi del tutto impraticabile.
Neanche l’opposto è praticabile. Non vaccinare nessuno e lasciare che la pandemia colga il suo tristo tributo non sono strategie adatte a un popolo buonista come il nostro. Possono farlo gli svedesi, ma noi no. E’ contro il nostro DNA.
Rimane un’unica possibilità. Trattare il Covid come se fosse una normale influenza. La strategia da seguire sarebbe quindi quella vaccinare ogni anno solo gli anziani e puntare sulle terapie (anticorpi monoclonali?) più che sui vaccini per proteggere la restante popolazione non vaccinata. Puntare sullo sviluppo di terapie curative significherebbe per l’Europa dimostrare di avere coraggio e personalità perché mostrerebbe di essere capace di elaborare strategie indipendenti da quella degli US. Significherebbe inoltre infondere la speranza nella popolazione europea che il declino non sia inarrestabile. Possiamo ancora giocare un ruolo importante nel mondo. Non siamo infatti una espressione geografica, siamo una potenza non solo economica che ha il diritto/dovere di giocare un ruolo nello scacchiere internazionale.

Ho visto di recente il film V come Vendetta. Ci sono aspetti molto profetici: un politico che raggiunge il potere grazie ad una emergenza sanitaria e che lo mantiene mentendo alla popolazione. Alla fine, nel film il regime crolla quando si diffonde la consapevolezza delle menzogne diffuse a rete unificate.

Io credo che sia il Governo Europeo che il sistema politico Italiano siano arrivati al capolinea. L’Europa ha sbagliato in modo clamoroso i contratti con le aziende che producono i vaccini. Contratti assolutamente penalizzanti sono stati firmati a discapito dei cittadini Europei da funzionari non all’altezza di questo compito delicato. La responsabilità dovrebbe ricadere non solo sull’inetto burocrate che li ha firmati ma anche sul Presidente Europeo, la Ursula von der Leyen, che l’ha scelto. La responsabilità, secondo me, dovrebbe essere non solo civile ma anche penale sia per le centinaia di migliaia di morti in più che abbiamo avuto per mancanza di vaccini sia per le assurde limitazioni della libertà che sia costretti a subire e sia, soprattutto, per aver fatto naufragare, forse definitivamente, ogni idea di Europa unita. L’Europa ha fallito e perfino un pessimo premier come Boris Johnson ha giganteggiato nei confronti dei politici europei. Un’Europa così non ha senso alcuno.

L’Italia è riuscita nell’impresa di riuscire a fare perfino peggio dell’Europa. E’ riuscita infatti a far perdere ogni fiducia al cittadino medio. Abbiamo avuto incompetenti al potere. Ad esempio Nature ha criticato il CTS per l’emergenza coronavirus perché mancavano competenze necessarie per affrontare questa emergenza. Vedasi

Inoltre, vari aedi del regime, ci hanno raccontato, imperterriti, nei talk show, balle terrificanti sul fatto che Astrazeneca provocasse reazioni avverse solo in un numero limitato di casi. Adesso che l’evidenza è emersa, i cocci sono rotti. Manca totalmente la fiducia necessaria per la vaccinazione di massa. I danni sembrano enormi e non recuperabili. I politici avrebbero dovuto dire chiaramente la verità: Astrazeneca è un vaccino ancora sperimentale con molte controindicazioni ma l’alternativa, il Covid, sarebbe per molti Italiani, soprattutto quelli più anziani e fragili, decisamente peggio. Nascondere questi fatti così palesi è servito solo a disorientare ancora di più gli Italiani. Se ci hanno nascosto questo, cos’altro ci avranno mai nascosto? Al di là di come stiano effettivamente le cose, l’Agenzia del Farmaco Italiana non è apparsa agli occhi degli Italiani una agenzia indipendente e questo è un danno gravissimo e permanente. Non sarà possibile far ripartire la campagna vaccinale. La pandemia continuerà ad imperversare. Dopo la terza ondata appena iniziata avremo la quarta e la quinta il prossimo anno. Se questa è l’inevitabile prospettiva, che senso ha continuare a uccidere l’economia? Che senso ha la politica di regioni arancioni, rosse e bianche? Solo per guadagnare qualche mese di non vita? Tanto valeva che l’anno scorso i nostri politici avessero deciso di fare come la Svezia. Avremmo avuto un paio di mesi terribili in cui si sarebbero concentrati tutti i morti che abbiamo avuto in questo anno, ma almeno avremmo continuato a vivere e non avremmo distrutto la nostra economia. Abbiamo avuto lo stesso numero di morti, non abbiamo risolto niente e siamo pieni di debiti.

Non è pensabile che i politici che, a prima vista, hanno totalmente sbagliato la strategia per contenere la pandemia non debbano essere sottoposti a un giudizio di una commissione d’inchiesta che valuti le responsabilità civili e penali per i danni causati dalla loro inettitudine. I danni inflitti al nostro paese non possono essere ignorati. Chi ha sbagliato deve pagare.

Ai tempi del recovery fund si fa un gran parlare d’innovazione mentre si parla molto meno di formazione e scuola. Sostanzialmente l’unico intervento effettuato a favore (??) della scuola è stato l’acquisto di banchi a rotelle per 119 milioni di euro al fine di scongiurare il sopraggiungere della seconda ondata di pandemia. Si è investito poco o punto, sia a livello di scuola che a livello di università, sia sugli aspetti contingenti (ossia come fare una didattica passabile al tempo del lock down) che sugli aspetti prospettici (ossia come impostare la didattica negli anni futuri). Il risultato è stato drammatico come ho potuto rendermene conto facendo lezione questo semestre. Gli studenti del primo anno sono molto fragili, molto più fragili di quello che mi ricordassi. Mia impressione fallace o fragilità determinata dall’ultimo anno al liceo passato in DAD? Forse l’esame di maturità rappresenta veramente uno spartiacque, quasi una iniziazione. Un anno importante come quello della maturità spazzato via dalla pandemia ha avuto conseguenze gravi e permanenti. Sicuramente, invece di spendere in banchi a rotelle si sarebbe dovuto investire per evitare il ripetersi di questo grave contrattempo. Ad esempio si sarebbero dovuto dotare gli insegnanti sia di competenze che di strumentazione atta all’insegnamento a distanza. Si sarebbe dovuto investire per ridurre (ipoteticamente annullare) le differenze socio-economiche fra gli scolari e dotarli tutti di connessione internet efficiente e di pc. Invece abbiamo seguito la più facile, ma totalmente fallace, l’illusione che si sarebbe potuto evitare la DAD solo rendendo mobili i banchi o poco di più.

Invece sono abbastanza convinto che il Covid sarà un momento di svolta modificherà profondamente la didattica soprattutto quella rivolta a studenti dei licei e dell’Università. E quindi sarebbe opportuno riflettere su quale sia la migliore strategia per affrontare questo cambiamento di paradigma. A livello universitario penso che il sistema misto sarà quello a cui si convergerà. Un po’ di studenti dovrà rimanere in presenza. Gli studenti in presenza sono necessari sia per far avere il feedback al Prof e sia per farlo sentire meno pirla (parlare da solo alla lavagna è veramente alienante). Gli altri studenti possono sentire connessi ma con la possibilità di intervenire. Sarebbe doveroso far capire inoltre agli studenti che sarebbe opportuno che la telecamera rimanesse sempre accesa (altrimenti il docente avrà sempre il dubbio che stia parlando a sedie vuote). Inoltre le lezioni dovrebbero essere registrate e conservate in archivio. Sicuramente questo significa che si dovrebbero cambiare paradigmi: in 60 ore di lezione sicuramente può capitare un congiuntivo sbagliato, una consecutio temporum errata, una sbavatura più o meno grave, ma senza comportamenti follemente inquisitori, sarebbe un modo per valutare, finalmente in modo abbastanza oggettivo, la quantità e la qualità di didattica effettivamente fatta da un docente.

L’altro problema da risolvere è come creare il “gruppo” che è la base di ogni apprendimento scolastico e chela DAD sicuramente cancella. La mia idea per questo anno è far partire iniziative collegate ai corsi che insegno. Agli studenti del primo anno di Ing Informatica la mia idea è quella di stimolarli affinché creino strumenti di Artificial Intelligence da affiancare alla didattica tradizionale. Agli studenti della magistrale d’Informatica la mia idea è spingerli a progettare un videogioco per spiegare tramite gamification cosa siano la blockchain e le criptovalute. Ma le idee e le iniziative possibili da proporre potrebbero essere infinite. Una sola cosa è chiara, che la didattica del covid e del post covid non potrà più essere quella tradizionale. E’ forse uno dei pochi momenti storici in cui si deve applicare la massima di Mao “che cento fiori sboccino insieme, che cento scuole contendano”. Con quello slogan Mao invitava poeti, intellettuali, scrittori, scienziati, artisti e tutta l’intellighenzia a ripensare la rivoluzione, per contribuire a quello sviluppo creativo che avrebbe dovuto caratterizzare la versione maoista del marxismo. Ogni cittadino era sollecitato ad esternare ogni problema, in un clima di collaborazione tra popolo e quadri del PCC, al fine di arrivare ad un profondo cambiamento culturale, artistico, scientifico e politico. Ecco qui con la DAD siamo in una situazione simile. Occorre che si confrontino mille idee, mille possibilità. L’unica cosa certa è che non si può rimanere fermi sognando che tutto possa ritornare come prima. Pensare che la didattica del futuro possa andare avanti come se l’esperienza della DAD dell’era del Covid non fosse mai esistita, significherebbe commettere lo stesso errore del Congresso di Vienna quando i vari Metternich pensavano di poter proseguire con l’antica politica come se la Rivoluzione Francese e Napoleone non fossero mai esistiti. Occorre invece il coraggio di intervenire con decisione e fantasia. Solo i Paesi che sapranno farlo, avranno saputo ben investire nel futuro.

Un anno fa iniziava il Covid. Possiamo dire che ci ha cambiato la vita molto di più di quello che avremmo mai potuto immaginare. Questa pandemia ha svolto la funzione che in genere svolgevano le guerre. In termini marxiani sta svolgendo egregiamente il compito di affrontare in modo storico la irrisolvibile contraddizione capitale-forza lavoro. Il neo-capitalismo ha pensato di risolvere questa contraddizione tramite un capitalismo finanziario che ha creato troppa ricchezza e la pandemia sta chiedendo il suo tributo, facendo evaporare il nostro benessere. Stiamo perciò atterriti perché assistiamo alla distruzione di ricchezze, alla distruzione di paradigmi, alla distruzione di vite, non tanto e non solo a livello fisico ma soprattutto a livello interiore. Ci si sente fuori posto, di fronte a una sfida che ci fa paura.

Ho 61 anni, un’età che la generazione precedente considerava da pensione, ma adesso ho ancora quasi 10 anni di lavoro di fronte a me. Il mio lavoro principale, il prof. universitario, andrà in conto a una trasformazione epocale. L’Università (e la Scuola) così non servono. Abbiamo un’accademia autoreferente che si autoesalta in modo arrogante, del tutto inutile sia al Paese che per i nostri studenti. Le proposte alternative basate su una logica aziendalista, riescono ad essere perfino peggiori. Questa Università infatti è sostanzialmente poco utile, un’Università aziendalista è potenzialmente dannosa. Ho capito che quello che Jep Gambardella aveva intuito a 65 anni, vale anche per me a 61: “La più consistente scoperta che ho fatto subito dopo aver compiuto 65 anni è che non mi va più di perdere tempo a fare cose che non mi va più di fare”. Fare ricerca competitiva in Matematica all’età di 60 anni è come pensare di giocare in serie A a 50 anni. In generale una pena per sé e per gli altri oltre che una pia illusione. Posso fare però altre cose: avere studenti di Dottorato, scrivere libri di divulgazione, collaborare con altre discipline, studiare Dante, insegnare a Master universitari, dedicarsi a fare “vera” matematica industriale, interessarsi alla politica, vedere come si quota un’azienda a Londra. Insomma il post-Covid mi sta costingendo a una rivoluzione copernicana.

Ma il Covid ha reso obsoleti modelli di sviluppo che pensavamo immutabili non solo a livello personale ma anche a livello locale e nazionale. Ad esempio il modello di sviluppo del centro di Firenze seguito prima della pandemia presentava forti analogie a quello (fallimentare) della Milano da bere. Il centro, negli ultimi 20 anni, si é spopolato di residenti ed è stato adibito alla movida di turisti con un alto grado alcoolico nel sangue, insomma un parco giochi ricco di pub e ristoranti etnici dove la grande bellezza e la grande storia della città erano una cornice insignificante degli schiamazzi notturni. Con la pandemia il centro è ridotto a una ghost-city, una serie di saracinesche abbassate, zero turisti, un po’ di tossici, qualche homeless che dorme sotto i portici. E’ ovvio che Firenze dovrà cambiare politica: meno kebab, pub e bed&breakfast e più librerie, parcheggi riservati e negozi di alimentari per rendere possibile la vita ai residenti.

La stessa cosa riguarda la politica nazionale. La pandemia ha cambiato tutto. Il modello fino ad adesso seguito era gerontocratico. Tanti anziani con ottime pensioni (molto più ricche di quanto meritassero per i contributi effettivamente versati), pochi giovani e tra l’altro pochissimo qualificati. I giovani qualificati che pure produciamo non rimangono in Italia a causa di stipendi ridicoli e dell’eccessivo precariato. Registriamo un flusso incontrollato di migranti in genere scarsamente qualificati (per usare un eufemismo) che non servono per una società basata sulla conoscenza come quella attuale. Questo modello non potrà reggere alla post- pandemia. L’utilizzo di sistemi esperti e di robot cancellerà tantissimi lavori poco qualificati. Creerà invece tanti posti di lavoro per personale qualificato (che produciamo poco e tratteniamo punto). I lavori rimasti a basso livello di qualificazione saranno contesi ferocemente fra Italiani e Migranti. Moltissime persone, poco qualificate, saranno espulse dal mondo lavorativo a 50 anni: troppo anziane per trovare un nuovo lavoro e troppo giovani per aspirare ad una pensione. Sarà una sfida dura ed impegnativa uscire da questo cul de sac. Sia per gli Italiani e per la classe politica che dovrà reinventarsi perché quella attuale, nel suo complesso, non sembra in grado di affrontare con successo questa sfida. Non hanno saputo affrontare la pandemia, figuriamoci il post-covid che sarà molto ma molto più duro. Come diceva il grande Belushi, quando il gioco si fa duro, i duri devono iniziare a giocare. Perciò, volenti o nolenti, per continuare a giocare, per continuare a svolgere un ruolo, dobbiamo imparare ad essere duri. La pandemia è stata come l’introduzione di una safety car. La corsa si è fermata e le distanze sono state azzerate. Tra poco ci sarà la luce verde, abbiamo cambiato driver e messo, ragionevolmente, il migliore che potevamo scegliere. Riusciremo a non perdere troppe posizioni e a rimanere far i paesi avanzati? Questa è la sfida che abbiamo davanti, sia come singoli che come Nazione. Saremo in grado di vincerla?