“Torna la più grande festa di piazza dedicata al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese. 600 aperture in oltre 300 città in tutta Italia, nel pieno rispetto delle norme di sicurezza sanitaria”, recita lo slogan di lancio delle Giornate di Primavera promosse dal Fondo Ambiente Italiano nelle regioni gialle per questo fine settimana. E nella più grave mancanza di rispetto per i professionisti del settore – aggiungiamo noi, perplessi- relegati al ruolo di vittima di poco conto, eterni precari di un universo lavorativo non degno di nota. O non a tal punto da essere coinvolti, e ragionevolmente retribuiti, nelle attività che vedranno coinvolti i luoghi che domani 15 maggio e domenica 16 apriranno i battenti al pubblico con il contributo fondamentale e decisivo di studenti e volontari al servizio della fruizione pubblica di edifici, percorsi e siti archeologici altrimenti non accessibili. Non ce ne voglia chi ha concepito l’iniziativa che ormai da molti anni intende valorizzare il vasto patrimonio culturale del nostro Paese. Ma riteniamo alquanto discutibile la scelta, nei mesi delle chiusure forzate causa covid ancor meno opportuna, di affidare “la nuova visione culturale della Fondazione che vede l’Ambiente come indissolubile intreccio tra Natura e Storia e la Cultura come sintesi delle scienze umane e naturali” a figure non professionali nell’errata ma dominante convinzione che chiunque possa elargire casuali e mnemoniche nozioni sulla data di posa della prima pietra del palazzo d’Avalos di Vasto (CH) o il numero delle specie autoctone di alberi presenti all’interno del Giardino Garibaldi di Piazza Armerina (EN). E soprattutto che il volontario possa avere la piena consapevolezza e gli strumenti culturali funzionali all’elaborazione di quelle informazioni. Due componenti di rilievo che maturano e trovano compiuta ragion d’essere soltanto attraverso il decisivo vaglio critico e la più meditata riflessione.

Palazzo d’Avalos. Vasto (CH)

E’ doverosa a questo punto una precisazione. Non stiamo individuando nell’impiego di personale senza retribuzione il bersaglio facile della nostra amara riflessione. Sia chiaro l’esperienza del volontariato è della massima importanza poiché è una delle più alte forme di amore che l’uomo può manifestare verso il suo prossimo. Ma in un momento storico come quello attuale sarebbe forse più corretto assumere personale specializzato anziché affidarsi per larga parte a liceali volenterosi e pensionati dall’impareggiabile attivismo. Il settore dei beni culturali, soprattutto per quanto riguarda le pratiche valorizzative, è l’unico in Italia che sopravvive quasi esclusivamente mediante l’apporto quantitativo del volontariato. La valorizzazione in particolare riguarda quel complesso di funzioni che il d.lgs. n°42 del 2004 spiega come dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale, ad assicurarne la migliore utilizzazione e fruizione pubblica e a promuovere e sostenere gli interventi di conservazione. Eppure per una funzione tanto importante, al contempo causa, conseguenza e naturale complemento di quella altrettanto fondamentale della tutela, non si riesce a concepire un modello lavorativo e un piano di impiego di stampo diverso, che possa finalmente prescindere dall’impiego massiccio di dilettanti allo sbaraglio e che, per una volta almeno, possa sacrificare il risparmio sull’altare di una fruizione, davvero significativa e davvero culturale. Sempre più consapevole e sempre meno improvvisata. Il volontariato può e deve fare la sua parte in un settore culturale sano nel quale tutte le professioni coinvolte godano del dignitoso riconoscimento del proprio ruolo. Quando l’impiego di precari mai regolarizzati o di guide turistiche dell’ultima ora assume le dimensioni della prassi diffusa ad ogni latitudine dello Stivale, è lecito domandarsi fino a che punto le aperture garantite dal Fai in questo weekend siano l’atteso evento dall’irrinunciabile fascino, come annunciato dal sito della Fondazione. E se invece non valga la pena desistere da una manifestazione che non appare rispettosa di tanti lavoratori della Cultura costretti per mesi ai box dalle necessarie misure anti-contagio. Certo il lavoro gigantesco e la fitta rete comunicativa messa in atto dal Fai hanno restituito vita e destinazione pubblica a luoghi meno noti ma tanto significativi della storia, dell’arte, dell’archeologia e del paesaggio italiano. Le Giornate di Primavera consentiranno ad esempio la visita alla settecentesca Fortezza di Alessandria. Particolarmente affascinante sarà il tour del parco e del castello di Sammezzano, eclettico edificio voluto dalla famiglia Ximenes-D’Aragona a una trentina di chilometri da Firenze in territorio di Reggello. Gli appassionati di architettura e storia romana potranno godere delle visite guidate al quartiere di Santa Clementina di Benevento che ospita il caratteristico ponte Leproso restaurato da Settimio Severo e dal figlio Caracalla nel 202 d.C. Immergersi nei suoni della natura circostante e nel profumo delle zagare in piena fioritura che fanno da contorno ai ruderi del maniero normanno sarà, invece, possibile a chi vorrà ammirare il restaurato castello di San Michele e le cedriere di Santa Maria del Cedro nel cosentino. Ma il tutto al prezzo salatissimo di calpestare la dignità dei lavoratori del settore, proseguendo in una distorta campagna di informazione nella quale il volontario si può sostituire al professionista.

Castello di San Michele. Santa Maria del Cedro (CS)

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