Nell’estate del 2020, abbiamo pensato che l’Europa si fosse desta; che, malgrado tutto, avesse deciso di mettere davanti a sé un futuro, per quanto faticoso, piuttosto che un grande passato, di cui gloriarsi e basta.
Poi, abbiamo scoperto che, mentre le bocche si riempivano di roboanti espressioni sulla next generation, le mani si affaticavano, in ogni paese del vecchio continente, intorno a vasi di marmellata, scoperchiati dalla pandemia, e scellerati negoziatori cercavan di risparmiare sui vaccini, per spendere in inutili sussidi.
Abbiamo scoperto, ancora, che dietro la collina (della retorica) c’è la notte crucca e assassina, che è disposta a svendere, per qualche fornitura di vetero-prodotti, l’impegno per i diritti umani, oltre che la chance di recuperare il gap tecnologico accumulato, in difetto.
Ieri, infine, abbiamo scoperto che un qualsiasi baffetto turco può farsi gioco di noi, perché siamo terrorizzati dall’idea che qualche migliaio di siriani bussi alle nostre porte, per rubarci, in spiccioli, quello che il baffetto pretende in blocco, e perché ci siamo affidati ad una manica di coglioni, fra i quali uno che riesce a pensare che uno sgarbo diplomatico all’Europa e una cafonata maschilista a danno di una donna possano essere giustificati dal richiamo al protocollo. Anche Angela Merkel, che il nostro provincialismo faceva percepire gigantesca, si sta mostrando nient’altro che una brava massaia, sorpresa dal tifone e dalla vecchiaia.
Il problema vero, però, è che i giovani han quarant’anni e nessuna voglia né di costruire, né di litigare, rannicchiati sul loro ombelico, nella speranza disperata che ciò che hanno accumulato i loro nonni e conservato i loro genitori possa bastare a far passare la nuttata, dopo la quale ci saranno bambini, statisticamente poco riferibili a loro.

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