Per Brecht, era auspicabile che ci fosse pur sempre un giudice a Berlino.
Oggi, a Roma, si teme di incrociarne qualcuno.
I giornali ce ne rimandano immagini di inusitati cinismo, violenza, opportunismo, corruttibilità, indifferenza al ruolo ed alla deontologia.
E nel frattempo, intorno alla riforma della giustizia si sta consumando una feroce guerra di potere e di poteri, in cui può darsi non si vogliano fare né feriti, né prigionieri.
L’uomo solo al comando ha potuto, senza fatica, ottenere il e passeggiare trionfante sul cadavere composto all’omaggio genuflesso di sindacati, associazioni imprenditoriali, partiti, giornalisti e giornalai mentre disponeva in libertà dei soldi del PNRR, blindava le poltrone della Rai per i suoi, riformava il codice degli appalti, consentiva un condono edilizio a spese dello Stato, rivestendolo di semplificazione per il 110%, proponeva una finta e inutile riforma fiscale, gestiva peggio del suo pur pessimo predecessore il calo estivo dell’ondata pandemica.
Ha dovuto invece faticare, e fatica ancora, per anche solo ipotizzare una riforma della giustizia, che si esercita peraltro ancora solo mediante il tentato omicidio della procedura penale.
E le correnti schierano i carri armati per scontrarsi… Financo Greco ha rotto il “doveroso e rigoroso riserbo istituzionale” per sferrare, vilmente, attacco al giovane Storari, mentre lui è a tre mesi dalla pensione.
Chi vivrà, vedrà.
Ma il cancro pare ormai metastatizzato.
E nessuno ha la forza di reagire, perché troppo diffuso e troppo tentacolare è il suo potere, in un paese in cui nessun altro, neanche l’amatissimo Presidente della Repubblica, può davvero esser sereno, di non avere, se non uno scheletro, almeno un femore, che i potenti riflettori delle Procure potrebbero lanciare in pasto ad un Travaglio qualsiasi.

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