C’è una novità nella scuderia della Mercedes-AMG: a partire dal 01 luglio 2021 sarà Mike Elliott a gestire i discorsi tecnici. Elliot, in Mercedes dal 2012 e promosso quattro anni, fa al ruolo di direttore della tecnologia. Precedentemente, nell’ambito della Formula 1 ha lavorato anche con la McLaren (2000-2007) e la Renault (dal 2008).

Fino a qui è stato James Allison a guidare la dirigenza tecnica della scuderia tedesca. “Da quando è arrivato nel 2017 in Mercedes, James è stato un leader eccezionale, ha dato un contributo grandissimo alle nostre prestazioni. Abbina una passione enorme, la determinazione, con un carattere straordinario e capacità dettagliate” – ha dichiarato il direttore esecutivo Toto Wolff“La programmazione efficace della successione è stato un punto di forza di questa squadra, sono lieto di annunciare Mike nel nuovo ruolo di direttore tecnico. Per la prima volta ci siamo incontrati nel 2013, quando arrivai nel team. Mike è cresciuto da capo dell’aerodinamica fino a essere pronto adesso per diventare direttore tecnico. Insieme con un gruppo straordinario di  responsabili tecnici esperti ci pone nella posizione migliore possibile per la futura era dello sport”, aggiunge Wolff.

In ultimo, Allison saluta così i suoi compagni: “Mi sono goduto quattro anni e mezzo fantastici da direttore tecnico ed è stato un vero privilegio dirigere gli sforzi tecnici del team in questo periodo”.

Per analizzare la stagione del Milan e non solo, la redazione di SoloxMilanisti ha contatto Alberto Zaccheroni.

LE PAROLE – Tra i tanti argomenti trattati, l’ex tecnico del Diavolo si è soffermato sul lavoro svolto da Pioli e sull’importanza di Ibrahimovic:

Fino a questo momento, la stagione del Milan è da otto! Grazie al carisma di Zlatan Ibrahimovic e all’intelligenza di Stefano Pioli, i rossoneri hanno trovato la giusta quadra. Il Milan si merita il ritorno in Champions League. Purtroppo però, la squadra è poco attrezzata per vincere lo scudetto. In questo 2021, c’è stata anche un po’ di sfortuna: i troppi infortuni, hanno condizionato la corsa scudetto dei rossonero e in queste condizioni, è impossibile competere con l’Inter. Secondo lei, servirà un vice-Ibra? Si, ma sarà complicato acquistarlo… .

Leggi l’intervista completa pubblicata su soloxmilanisti.com

La gara di ieri certifica una costante dell’annata bianconera. La Juventus ha un grande potenziale nei piedi, nella testa e nel sacrificio di tanti giovani talentuosi, ma, proprio come un giovane studente, non riesce a mantenere alta la soglia dell’attenzione. Sono le due facce complementari della medaglia bianconera dell’attuale stagione.

RECTO – Più che un diritto della medaglia, il primo tempo di Juve-Genoa ne presenta almeno due, Kulusevski e Morata. Stupisce, ma dopo la partita con il Napoli fino a un certo punto, l’atteggiamento della squadra di Pirlo che nei primi 45 minuti scende in campo per fare la partita. La consapevolezza è quella propria di chi sa che vuole prendersi i tre punti e impiegherà ogni grammo di energia fisica e mentale per riuscirci. La Juventus cerca risposte per restare in scia del Milan, vittorioso a parma il giorno prima. La prima arriva da Dejan Kulusevski, il figliuol prodigo che si fa perdonare il grave errore del derby e mostra un accenno del proprio repertorio con il gran sinistro che sblocca il match dopo 4 minuti. La rete è il preludio ad un’ottima prestazione dell’ex Parma che si impegna nella doppia fase e sembra un giocatore completamente diverso dalla spaesata comparsa delle ultime uscite. L’apporto qualitativo che lo svedese conferisce alla manovra si nota e per tutto il primo tempo l’asse Cuadrado-Kulu è una spina nel fianco della retroguardia ospite. L’altro aspetto positivo è il ritorno al gol di Alvaro Morata, che mancava all’appuntamento con la rete da oltre un mese. La conclusione vincente dello spagnolo vale il 2-0 al 22′. Quando il risultato si è fatto rassicurante, qualcosa è però andato storto. E qui entra in gioco il lato più preoccupante di una squadra bifronte.

VERSO – Chiamatela stanchezza. Chiamatela eccesso di sicurezza. Ma la parentesi piuttosto estesa che ha visto la Vecchia Signora sbandare nella ripresa è uno dei principali limiti di una squadra che sta ancora cercando la migliore maniera per esprimere il proprio potenziale. La rete di Scamacca da calcio piazzato fa sprofondare la Juventus nell’incertezza. Vecchi timori riaffiorano, i punti fermi vacillano. Il limbo del dubbio fa da scenario alle giocate dei bianconeri. La manovra perde fluidità, ogni pallone pesa. Per un attimo, nel vedere Scamacca e Pjaca arrivare con troppa facilità alla conclusione, scorrono nella mente le immagini dell’ultimo derby, con gli attaccanti granata lanciati a rete. Uno Szczesny in una delle migliori versioni di se stesso sventa le minacce. L’imprecisione dei genoani fa il resto. Ma il campanello d’allarme è suonato. Il gol del subentrato McKennie allontana solo momentaneamente gli incubi più neri. Quando stacca la spina, questa Juventus è fragile. Se non mantiene alti i ritmi, la squadra di mister Pirlo è vulnerabile. Lo conferma anche il dato dei gol subiti: almeno uno nelle ultime 6 gare. Se a quanto detto aggiungiamo poi che la stella Ronaldo non ha prodotto altro che sbuffi di rabbia, dobbiamo segnalare che finanche i più esperti vanno in bambola quando le cose si complicano. L’allenatore non pare aver trovato la cura alla patologia che il paziente Juventus si trascina dietro dall’inizio della stagione. Ma a questo punto, la spina deve essere ben collegata. La concentrazione al massimo. Il calendario non è dei più agevoli. C’è subito l’Atalanta a saggiare la tenuta mentale di Ronaldo e compagni. Poi sarà la volta del Milan e alla penultima giornata dell’Inter. Senza dimenticare la trasferta del Franchi contro una Fiorentina che all’andata mise a dura prova la determinazione e l’attenzione dei bianconeri. Meno rabbia e più testa, dunque. E l’obiettivo piazzamento Champions non verrà gettato via come fasce e magliette.

In una nota della struttura commissariale per l’emergenza Covid del generale Francesco Figliuolo, si prevede l’arrivo di oltre 4,2 milioni di dosi.

NUMERI CHE FANNO BEN SPERARE – Tra il 15 e il 22 aprile verranno complessivamente consegnati alle strutture sanitarie delle regioni, oltre tre milioni di Pfizer in due mandate, circa mezzo milione di Vaxzevria, oltre 400 mila di Moderna, e più di 180 mila di Johnson & Johnson, primo approvvigionamento in assoluto del siero monodose. Questi, insieme alle dosi ancora disponibili delle Regioni, contribuiranno in modo significativo al raggiungimento del target della campagna vaccinale nazionale: si stimano circa 315 mila somministrazioni giornaliere negli oltre 2200 punti vaccinali attivi in tutta Italia. Priorità agli over 80, di cui il 70% raggiunto con almeno una dose.

Importante vittoria conquistata dalla Juventus allo Stadium. 3 a 1 in favore dei bianconeri nel match contro il Genoa di Ballardini. Kulusevski, Morata e McKennie a segno. Continua la corsa alla qualificazione Champions. Clicca qui per rivivere le emozioni dell’incontro con la diretta testuale di Mondo Bianconero

QUESTIONE DI ATTEGGIAMENTO – E’ un’altra Juventus, quella vista dal derby contro il Torino in poi. Lo si capisce dal fantomatico “approccio”, spesso risultato fatale in questa stagione agli uomini di Pirlo, nel match di stasera contro il Genoa. Bastano 4′ minuti all’asse Cuadrado – Kulusevski (oggi vera spina nel fianco per la difesa rossoblu) per confezionare il vantaggio bianconero e mettere la gara in discesa. E’ proprio lo svedese, criticatissimo in queste complicate settimane, a mettere il primo sigillo. Al 22′, dopo uno spunto “spaccadifesa” del solito Chiesa, Morata lo segue siglando la rete del due a zero. Non può che partire da chi è finito nel banco degli imputati in questi giorni l’analisi della partita di oggi. “Sono i gol del riscatto”, han detto in molti. Forse è esagerato, ma è indubbio che il problema della Juventus più che di qualità degli uomini in troppe occasioni sia stata piuttosto l’assenza del “top player” atteggiamento. Oggi, invece, perfetto per tutti i primi 45 minuti dell’incontro. Il risultato è un primo tempo di dominio assoluto degli uomini di Pirlo. Di lotta sulle seconde palle, lavoro di squadra, recuperi, inserimenti e tanto gioco. La Juventus si ritrova gruppo (nonostante un CR7 voglioso ma in serata no). Tutti concetti la cui importanza, indirettamente, viene ribadita anche nella ripresa, quando invece a partire più forti sono i rossoblu. Il gol di Scamacca in avvio di secondo tempo (la buona prova del centravanti è una notizia da tenere in considerazione, visto l’interesse in sede di mercato) e una mezz’ora di una certa sofferenza e di accenno di pressing rossoblu sono li a ricordare quanto cali di concentrazione e avvii “molli” siano costati agli uomini di Pirlo. Fortunatamente, al 70′ McKennie (un altro “riscattato”) approfitta di un regalo della retroguardia di Ballardini e mette a segno il 3 a 1 che mette fine all’incontro e alle apprensioni. Nel finale c’è spazio solo per qualche altra scorribanda dalle parti di Perin e per mettere qualche minuto nelle gambe di Paulo Dybala. Le buone notizie, per Pirlo, non mancano. Sono i tre punti, ma soprattutto la mentalità, i gol e dalle prestazioni dei “ritrovati”. A disposizione per il rush finale. La sveglia è suonata giusto in tempo per la corsa Champions.

Editoriale di Beatrice Canzedda su MBN

Ma c’è differenza fra il Governo Draghi e il Governo Conte?

Ormai è un paio di mesi che abbiamo come premier Draghi e grande sta diventando la delusione di chi si aspettava ed auspicava un cambio di rotta epocale. Ma è proprio vero affermare che Draghi stia continuando la politica di Conte? L’idea che tutti ci aspettavamo era un governo che dicesse meno parole al vento e facesse più fatti.

Diciamo che relativamente primo punto Draghi ha ottenuto il suo scopo. Con Conte avevamo l’osceno spettacolo di ministri che festeggiavano la fine della povertà, che scrivevano libri su come avessero sconfitto il Covid, membri del CTS che imperversavano in TV dicendo tutto e il contrario di tutto, il ministro dell’Economia che sbagliava mostruosamente previsioni economiche, il ministro dell’Istruzione che investiva centinaia di milioni di euro in banchi a rotelle e il commissario straordinario Covid che, invece di organizzare la vaccinazione o di comprare le mascherine al giusto prezzo e nella quantità giusta, pensava a costruire strutture a forma di primula al centro di tutte le città. Lo stesso Primo Ministro passava molto suo tempo in continue dirette TV a reti unificate in cui vantava il modello italiano per affrontare il Covid (più morti percentuali rispetto a quasi tutti i paesi OCSE, restrizioni delle libertà personali superiori a quasi tutti i paesi occidentali, impatto economico fra i peggiori) usando la tecnica da sempre usata in tutti i paesi dove non vi è una piena democrazia, ossia ripetere in modo ossessivo un pensiero fino a renderlo una verità acclamata presso il popolo.

Con Draghi la musica è cambiata. Molte meno voci dissonanti e pochissime parole che però spesso lasciano il segno. Emblematico è quello che è successo la scorsa settimana. In questa situazione economica l’immigrazione incontrollata è un enorme problema perché distoglie le residue risorse economiche dalle necessità dei residenti. Per questa ragione, in modo sincrono, Draghi è volato in Libia e Ursula von der Leyen in Turchia per fermare l’immigrazione in partenza verso l’Italia e la Germania. Draghi ha approfittato dell’umiliazione patita dalla von der Leyen da parte di Erdogan per chiamare dittatore Erdogan, non solo facendo risaltarne la totale inadeguatezza (già dimostrata con il fiasco del piano vaccinale) ma anche facendo implicitamente notare sia che la Germania (e l’Europa) hanno da sempre usato due pesi e due misure condannando l’Italia per gli accordi con la Libia ma accettando vergognosi compromessi con la Turchia per tutelare i propri interessi e sia che la Commissaria Europea si è mossa per andare in Turchia a difendere gli interessi sostanzialmente solo tedeschi. Dal lato della comunicazione siamo molto migliorati e questo è molto importante da un punto di vista reputazionale con tutto ciò che ne consegue, come ad esempio l’andamento dello spread.

Sui fatti il giudizio deve essere sicuramente lasciato in sospeso. Conte è caduto perché il piano vaccinale faceva acqua da tutte le parti e il piano per i Recovery Funds era inesistente. Draghi è subentrato a Conte per risolvere questi grandi problemi ed in entrambe le cose è intervenuto pesantemente. Il piano vaccinale incomincia a marciare ed un minimo di strategia incomincia ad essere visibile ossia che debbano essere vaccinate prima le fasce più deboli della popolazione e che i furbetti debbono essere fermati. Il piano dei Recovery Funds, al di là di un bel po’ di demagogia di facciata, incomincia a mostrare una struttura seria. Ma questo però è importante ma non basta.

Il Paese non funziona.

L’inclusione, quella vera, non funziona. Se uno nasce povero ed emarginato, rimane tale, nonostante il numero spropositato di Ong ed associazioni caritatevoli che abbiamo.

La Scuola non funziona come ascensore sociale. L’Università serve a produrre solo paper scientifici invece che trasferire innovazione sul territorio.

La Giustizia è una maledizione. La pena non è quando decretato dal giudice ma il processo in sé.

La burocrazia soffoca ogni spirito imprenditoriale. Il codice degli appalti è un rompicapo che frena gli onesti e fa sguazzare la criminalità organizzata. I manager e i funzionari pubblici che non si assumono alcuna responsabilità (facendo perdere miliardi di Euro al Paese) sono premiati mentre chi si assume un minimo di rischio inevitabilmente condannato a qualche risarcimento perché non ha rispettato qualcuna delle innumerevoli leggi.

Ma forse la cosa più intollerabile adesso è l’atmosfera penitenziale e da grande fratello orwelliano che è iniziata più di un anno fa con il Covid e che ha significato la soppressione o la limitazione di importanti libertà personali che sono il fondamento di ogni democrazia degna di questo nome. Questo clima lo ha introdotto il duo Conte-Speranza e lo continua a perseguire il duo Draghi-Speranza.

E’ ovvio che Draghi presiede un governo di transizione e a tempo, ma segnali di cambiamento sarebbero non solo auspicabili ma anche necessari per dare un po’ di speranza a un Paese prostrato e al limite di una crisi di nervi.

Franco Morbidelli, pilota MotoGP compagno di squadra di Valentino Rossi, ha commentato il rientro di Marc Marquez in pista, previsto il 18 aprile in Portogallo. Il fuoriclasse spagnolo ha dovuto terminare la stagione 2020 a causa di una frattura al braccio destro. Ora, lui e il pilota romano si rivedranno. Ecco le sue parole riportate da “La Repubblica“:

“Fa piacere rivedere in pista un campione come lui. Magari non andrà subito fortissimo ma tornerà in fretta competitivo. Il mio avvio? Ho avuto problemi strani alla moto ma sono ottimista per Portimao.”

Queste invece le sue opinioni sul inizio di stagione un pò complicato:

“Sono perplesso. Ho disputato due gare difficili, particolari, dove ho avuto dei problemi strani. Resto comunque fiducioso e voglioso di vedere come andrà la prossima, per avere conferme o meno di quei problemi. L’aspetto positivo è che la Yamaha sta andando forte e questo ci può dare delle indicazioni su quale è la strada da seguire. Ovvio che non piace avere dei piloti davanti, soprattutto se hanno la tua stessa moto. Portimao è una buona pista per ripartire, l’anno scorso lì siamo andati molto forte”.

In Serie A, la corsa per la competizione europea più prestigiosa sta per giungere al termine. Restano 8 giornate da giocare e le distanze tra le prime 7 squadre in classifica si riducono sempre di più. Escludendo l’Inter (capolista da febbraio) che è vicinissima alla conquista del 19° scudetto, si può dire che per le inseguitrici tutto è ancora possibile, dato che Milan, Juventus, Atalanta, Napoli, Lazio e Roma sono riuscite a vincere. La classifica, dunque, è cambiata di poco.

I rossoneri reagiscono dopo lo stop casalingo contro la Sampdoria e battono il Parma per 3-1 al Tardini. Lo scudetto, molto probabilmente, però, andrà in casa nerazzurra. Dietro al “Diavolo” c’è la Juve che ugualmente potrebbe già salutare il sogno del 10° scudetto consecutivo, nonostante il successo contro il Genoa. Ma i bianconeri hanno ancora la finale di Coppa Italia da giocare, ovvero contro l’Atalanta, attualmente al 4° posto a -2 dalla squadra di Stefano Pioli. In una partita molto combattuta la Dea conquista i tre punti sul campo della Fiorentina grazie ad un 3-2. Occhio però anche al Napoli, vincente contro la Sampdoria e sempre vicino ai posti per la Champions League. Infine, anche le due squadre della capitale (Lazio e Roma) conquistano i tre punti contro l’Hellas Verona e il Bologna.

Il tecnico del Parma, Roberto D’Aversa ha provato tutto, ma i tre punti li conquista il Milan. Dopo un primo tempo a bassi livelli da parte dei suoi ragazzi, arriva una reazione nella ripresa – senza successo. Nel post-match, D’Aversa ha commentato la partita che ha permesso al Milan di restare al secondo posto in classifica. Queste sono le sue parole:

“Nel secondo tempo non abbiamo sfruttato bene la superiorità numerica. Ci sono state delle occasioni, ma non le abbiamo concretizzate. La partita è stata compromessa nel primo tempo, con i ritmi giusti avremmo potuto mettere in difficoltà il Milan. Ma non meritavamo la sconfitta. Le due reti sono merito non tanto delle qualità avversarie, ma della nostra poca cattiveria – ha detto il tecnico parlato dell’uno-due rossonero -. Non possiamo partire nel primo tempo con un approccio così timido e rinunciatario, c’è stata poca voglia di mettere in difficoltà l’avversario”. Male Gervinho sostituito all’intervallo con Cornelius: “Ho fatto un cambio, ma in tanti hanno giocato sotto tono nella prima frazione di gioco. Gervinho non è l’unico responsabile, nella ripresa c’è stato un atteggiamento diverso e ci teniamo solo la reazione.”

Considerando che il Parma sta lottando ancora per la salvezza, D’Aversa ha ribadito la sua opinione anche su questo:

“Mancano partite che possono permetterci di raggiungere l’obiettivo. Siamo ‘bellini’, ma preferirei avere qualche punto in più. In un campionato di Serie A ci sono degli atteggiamenti che vanno cambiati”.

Il cosiddetto “Clasico” non è una partita di calcio come tutte le altre. Si affrontano le due squadre più gloriose della Spagna che anche a livello mondiale fanno parte delle superiori. Il duello tra Real Madrid e FC Barcellona è storia, è tradizione – pur non essendo un derby cittadino. Oggi, alle ore 21.00 sarà tutto pronto per la 182° edizione del match odierno.

Qualcosa che raramente si vede nel calcio spagnolo: nessuno dei due club disputerà la partita di stasera da primo in classifica. Sia il Real che il Barca sono dietro all’Atletico Madrid che però potrebbe perdere il primato in caso di una vittoria del Barca e un mancato successo domani contro il Betis Sevilla. Attualmente, i biancorossi sono in vetta con 66 punti. Seguono i blaugrana con 65 e i “Blancos” con 63 – più eccitante di così?

Il turno d’andata lo ha deciso addirittura il Real a suo favore con 3:1 in casa di Lionel Messi (che ovviamente scenderà da titolare in campo). Vincendo anche oggi, la corsa verso il titolo di campione di Spagna resterà aperto.