Sono un grande estimatore di Enrico Letta.
Non capisco, però, il senso che potrebbe avere, per lui e per il partito, l’operazione che lo richiami alla segreteria del PD.
Non può essere una manovra per il recupero di consenso del partito nel paese, perché Letta non ha il carisma del leader (pur essendo, probabilmente, un ottimo statista) e viene comunque richiamato dai maggiorenti in lite tra di loro, non a furor di popolo.
Non può essere una manovra di potere personale di Letta, perché ne eserciterebbe molto di più sfruttando le potenzialità della sua attuale posizione, che accettando un Vietnam di caminetti.
Non può neanche essere una manovra di riposizionamento strategico del partito, perché non nasce da un’esigenza strategica, ma da una tragedia tattica.
Non può essere una manovra governista, perché più governista di come è ora il Pd non può essere e avrebbe, semmai, l’effetto di legittimare un progressivo raffreddamento tra Pd e mondo 5S, con pregiudizio per il governo.
Può avere un senso solo di revanche personale, per lui, e di mancanza di alternative, per il partito.
Penso, dunque, che fallirà. Cioè che Enrico Letta declinerà l’invito.
Salvo che non pensi di diventare il rifondatore della DC, togliendo il tappeto sotto i piedi a Renzi; negoziando il ruolo di leader dei cespugli Draghiani; isolando la ditta all’interno del pd; proponendosi come erede/nemesi di Berlusconi.
La scommessa sarebbe coraggiosa, ma non folle.
Ed è momento in cui può succedere di tutto.

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